C’è una regione in Italia dove oggi si contano ben 99 accessioni di ciliegio: è la Campania. Il suolo caratterizzato dai vulcani - tre sono ancora attivi, molti altri lo sono stati fino ad età classica -  e interessato fortemente da fenomeni diversi del vulcanesimo di primo e secondo grado – ha selezionato nel tempo una quantità incredibilmente ampia di biodiversità vegetale. Che oggi trova la sue banche del germoplasma e del DNA e attende, grazie al lavoro di 102 aziende agricole custodi che hanno investito su 201 ettari, di trovare i necessari sbocchi di mercato per prodotti unici e irripetibili.

E’ quanto emerso nella mattinata di oggi a Portici nella cornice della Sala Cinese del Dipartimento di Agraria dell' Università Federico II di Napoli che ha ospitato la prima giornata del convegno “Risorse genetiche vegetali: come nutrire il pianeta in modo sostenibile”.
L’incontro è stato l’occasione per presentare i risultati congiunti di due progetti di ricerca e sviluppo delle varietà vegetali antiche della Campania Agrigenet e Salve, finanziati con la misura 214 del Psr Campania 2007/ 2013. I progetti Agrigenet e Salve hanno visto il protagonismo di tutte le strutture di ricerca attive in Campania in campo agronomico: dal Dipartimento di Agraria di Portici della Università Federico II di Napoli al Cra passando per le Università del Sannio e di Salerno.

Agrigent e Salve  hanno consentito di censire complessivamente 129 varietà tradizionali di ortive ed erbace, 273 accessioni di fruttifere e 63 varietà di vitigni. “Tutte queste piante – patrimonio della biodiversità della Campania – rappresentano meno del 30% della biodiversità originaria della Campania e credo che oggi si possa dire che la nostra regione rappresenti quasi la metà della biodiversità vegetale da reddito del Paese – ha detto Riccardo Riccardi, ricercatore del Craa di Napoli e attivo nel progetto Salve.

Un patrimonio che ha attraversato un “Percorso di ricerca e salvaguardia quadriennale della bioduversità e un programma di accompagnamento alla salvaguardia – ha riferito Aniello Troiano, coordinatore del progetto Salve.
L’azione di accompagnamento è sfociata nella ricerca di aziende custodi, ben 102, che hanno messo a disposizione 201 ettari.

I due programmi di ricerca hanno beneficiato delle norme della legge regionale per la tutela della biodiversità, grazie alla quale hanno costituito la banca del germoplasma della Campania e la banca del DNA del germoplasma della Campania. Un lavoro certosino, sul quale si innestano ora numerose ricerche  di nutraceutica.

Ma come è possibile pensare di commercializzare mele rarissime, ce ne sono ben 44? Domanda posta a fine mattinata da Pietro Micillo, agricoltore e past presidente di Confagricoltura Campania.
Ha risposto il professor Luigi Frusciante, docente di genomica alla Federico II: ”Faccio mie le istanze di Pietro Micillo, ancora una volta la ricerca deve spingere per far emergere quelle cultivar e quelle accessioni, che sulla base delle qualità che  esprimono, possono anche centrare il bersaglio del mercato, potendo passare così dagli agricoltori custodi ad una produzione da reddito”.