Parole di Pietro Iadanza, presidente dell'Associazione nazionale Città del Vino, nel commentare lo stop del Tar del Lazio al ricorso n. 10302 dell'Azienda agricola In Trois di Arba (Pn), che aveva impugnato il divieto di coltivazione di varietà di mais Mon 810 proveniente da sementi geneticamente modificate, così come stabilito dal Regolamento CE n.178/2002.
Accogliendo le linee difensive dell’Avvocatura dello Stato e delle associazioni resistenti - Coldiretti, Codacons, Slow Food Italia, Legambiente, Greenpeace, Associazione nazionale Città del Vino, Associazione italiana per l'agricoltura biologica, Federbio, Fondazione Univerde e Associazione sementieri mediterranei - il Tribunale amministrativo ha sottolineato l’ampiezza delle motivazioni dirette ad evidenziare le conseguenza negative per l’ambiente derivanti dalla diffusione del mais Ogm. Resta, quindi, in piedi il decreto interministeriale che vieta la semina di organismi transgenici nei campi italiani.
"E' un passaggio importante nella direzione di quanto da sempre sostenuto con forza dalla nostra associazione, promotrice nel 2003 della campagna dei Comuni Ogm Free, impegnata da anni nella Task Force per un'Italia libera da Ogm e in questa occasione in prima linea nel fronte degli oppositori al ricorso" ha spiegato Iadanza.
"Una posizione, quella delle Città del Vino, di totale chiusura agli Ogm - ha concluso il presidente Iadanza - data l’impossibilità della coesistenza tra agricoltura tradizionale e quella geneticamente modificata, soprattutto in sistema agricolo come il nostro che ha il suo tradizionale punto di forza nella ricchezza della biodiversità e nel rapporto con il territorio”.
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