Le opportunità per il vino toscano in Cina, che si avvia a diventare nel 2020 il maggior consumatore di vino al mondo, sono al centro del convegno di oggi 15 aprile a Montepulciano, patria del “rosso”. L'evento è promosso da Istituto Confucio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, biblioteca archivio "Piero Calamandrei”, Università per Stranieri di Siena, associazione “Toscana Cina Insieme”, Fondazione cantiere internazionale d'arte di Montepulciano, Strada del vino nobile di Montepulciano, con il patrocinio del Comune di Montepulciano e della Regione Toscana, che lo ha inserito nelle iniziative che precedono l’Expò 2015 a Milano.

Il workshop si occupa del vino in un’ottica globale, rappresentando, anche attraverso una sessione che tocca tematiche socio-culturali, una opportunità per una migliore conoscenza di come la  società cinese si evolva e si confronti con il vino e come, da queste considerazioni, si possano implementare strategie commerciali e di marketing del vino italiano in generale e di quello toscano in particolare.
 
Nel 2013 l'Italia si è confermata – spiega Pietro Tonutti, ordinario di arboricoltura generale e coltivazioni arboree alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nonché prorettore alle relazioni internazionali, ideatore e coordinatore della sessione tecnica ed economica del convegno - il principale produttore di vino al mondo superando di poco la Francia con quasi 45 miliardi di ettolitri contro i 44.1 dei transalpini. La produzione vinicola italiana rappresenta il 17% a livello mondiale e il 30 per cento circa a livello dell’Unione europea, per un valore complesivo di circa 9 miliardi di euro. Da un punto di vista commerciale e dei consumi assistiamo a profondi cambiamenti legati anche a evoluzioni di stili di vita e impatti delle contingenze socio-economiche a livello nazionale e mondiale. Infatti, se il 2013 si è chiuso con un aumento del fatturato del 4.8 per cento per le imprese vitivinicole italiane, questo lo si deve al traino delle esportazioni (+7.7 per cento in valore), mentre i consumi nazionali registrano un costante e generale calo, con un 8 per cento in meno per il  vino comune con un consumo pro-capite sceso a 37 litri all'anno. Le esportazioni, dunque, rappresentano l'elemento vincente e per la prima volta, nel 2013, viene superata la soglia dei 5 miliardi di euro in valore di vino italiano venduto all'estero: 20 miliardi di ettolitri, circa il 50 per cento della produzione nazionale”.
 
I Paesi asiatici finora rappresentano solo il 4.3 per cento delle esportazioni italiane, ma si tratta di mercati estremamente dinamici.
In particolare, la Cina fa registrare una delle più intense crescite pro-capite. L'approccio con il vino della popolazione cinese cambia con rapidità: esso viene valutato sempre più spesso come una valida e più sana, oltre che ‘alla moda’,  alternativa ad altri prodotti alcoolici tradizionalmente utilizzati; è poi spesso considerato come un elegante dono da offrire. In numerose città cinesi sono comparsi ‘wine bar’ che riscuotono un notevole successo. Appare anche importante sottolineare che la Cina cresce con rapidità in termini di produzione nazionale, con alcune realtà, ad esempio la Provincia di Shandong, di alto livello qualitativo che vedono  il convolgimento diretto di aziende vitivinicole europee.
 
E' tuttavia da rimarcare che, secondo un recente sondaggio condotto dal ‘China wine information network’, il 95 per cento dei consumatori cinesi  - ricorda Tonutti - ha una limitata conoscenza del vino e del suo mondo ed è disponibile ad approfondire le conoscenze. Il 60 per cento preferisce, a parità di prezzo, acquistare vino importato rispetto a quello domestico, con una marcata recente tendenza a preferire vini di prezzo medio/medio alto rispetto a quelli di fascia alta”.