Quasi il 40% delle imprese agricole e agroalimentari sono aziende giovani. I dati del dossier Cia-Censis sull’agricoltura italiana sono stati presentati in occasione della settima conferenza economica organizzata dalla Confederazione italiana agricoltori tenutasi a Lecce e rivelano
una fioritura di nuove aziende agricole negli ultimi anni. Mentre la quota di imprese registrate alle camere di commercio prima del 1989 si è progressivamente assottigliata (-12,1% tra il 2009 e il 2012), e quelle create tra il 1990 e il 2000 si sono ridotte sensibilmente (-17,1%), le aziende più giovani, nate dopo il 2000, sono invece cresciute significativamente (+15%).

Il processo rinnovamento del settore agricolo interessa la ricomposizione degli assetti fondiari e prende forma nella progressiva sostituzione dell’impresa tradizionale con nuovi e più competitivi modelli aziendali. Il ringiovanimento del tessuto d’impresa ha coinciso con il consolidarsi di una nuova generazione di giovani imprenditori: il 10% dei conduttori ha meno di 40 anni, con punte nel Nord-Ovest del 13,4% e nelle isole del 12,3%. Tra gli imprenditori agricoli 25-40enni, il 45,3% è diplomato e l’11,2% ha una laurea. E tra quanti decidono di intraprendere l’attività agricola prima dei 25 anni, il 65,3% ha un diploma superiore e il 5,2% è già laureato.

Cresce la dimensione media delle imprese. L’agricoltura italiana è stata segnata negli ultimi anni anche da un importante processo di consolidamento strutturale. Tra il 2010 e il 2012, mentre le imprese senza addetti hanno registrato una significativa contrazione (-7,9%) e quelle fino a cinque addetti hanno visto ridurre di misura la propria base, è cresciuto esponenzialmente il numero delle imprese più strutturate: +18,4% quelle con 10-19 addetti, +37% quelle con 20-49 addetti e addirittura +60,9% quelle con più di 50 addetti. Negli anni della crisi il lavoro dipendente nell’agricoltura è aumentato: +4,6% gli occupati dipendenti e +5,1% quelli con meno di 35 anni. Dal censimento dell’agricoltura del 2010 sono emersi altri cambiamenti strutturali. Alla diminuzione del numero delle imprese agricole e alla riduzione delle superfici coltivate, ha corrisposto un incremento del 44% della dimensione media della superficie agricola utilizzata, che si attesta oggi a quasi 8 ettari. La diminuzione del numero delle imprese ha riguardato quelle di piccolissima dimensione: il loro numero si è dimezzato in dieci anni (-51%). La crescita della dimensione media ha interessato tutte le aree del Paese, e in particolare Sicilia e Sardegna, dove l’incremento è stato dell’82%, passando da 5 a 9,1 ettari in media. Aumenta anche la flessibilità delle forme di possesso dei terreni. Tra il 2000 e il 2010 le forme diverse dalla proprietà (affitto e uso gratuito) riguardano ormai il 38,1% della superficie coltivata (un valore che nel 2000 era pari al 23,2%).

Tra il 2008 e il 2011 sono aumentati del 4,2% i produttori di prodotti agroalimentari di qualità (Dop, Igp, Stg), soprattutto nelle regioni del Sud (+21,6%). Nello stesso periodo le aziende agrituristiche autorizzate sono cresciute di quasi 4.000 unità, passando da 18.480 a 20.413, registrando un aumento del 10,5% in cinque anni. Il contributo dei beni agricoli all’export italiano potrebbe essere del 6,6% nel periodo 2014-2016. I beni alimentari presentano un potenziale contributo di crescita che raggiungerebbe il 3,8% nel 2013 e il 7,3% nel periodo 2014-2016.

L’export italiano di vini da tavola e di vini di qualità ha raggiunto nel 2011 un valore di 5,4 miliardi di dollari, con un incremento del 26,3% rispetto al 2007 e del 16,3% tra il 2010 e il 2011. Cina (+46,6%), Ungheria (+22,1%) e Russia (+17,3%) sono i Paesi di destinazione a più alta crescita. L’olio di oliva italiano, con una quota del 29,9% sul totale del mercato mondiale nel 2011 e un incremento del valore esportato del 12,9% rispetto al 2007, ha una capacità di offerta pari a un miliardo e 721 milioni di dollari.