E' una vera e propria corsa contro il tempo quella del governo per varare in via definitiva le norme contenute nel cosiddetto “decreto Salva suolo” presentato, al termine del consiglio dei ministri, dal presidente del Consiglio Mario Monti e dal ministro delle Politiche agricole, Mario Catania.
Il ddl, già presentato dal suo ideatore, il ministro Catania, alla fine di luglio, si pone l'obiettivo di far fronte all’annoso problema della cementificazione del suolo agricolo perseguendo uno sviluppo equilibrato sia delle aree urbane che di quelle rurali. 
Il testo è già stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, su proposta dei ministri delle Politiche agricole, per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, e dello Sviluppo economico, Corrado Passera, di concerto con gli altri ministri competenti. Sul disegno di legge sarà quanto prima acquisito il parere della Conferenza Unificata.

"Abbiamo studiato le normative degli altri Paesi europei e recepito in questo ddl il sistema tedesco che prevede la fissazione a livello nazionale della estensione massima di terreno agricolo sottraibile alla sua destinazione" ha detto Catania durante la presentazione del ddl a Palazzo Chigi.

Che il ddl sia considerato dal governo una priorità, è ormai una certezza testimoniata dall'intervento dello stesso Monti che, abbandonando una discutibile consuetudine consolidatasi negli ultimi decenni secondo la quale nessun presidente del Consiglio era più sceso in campo  a parlare di agricoltura, ha espresso per l'iniziativa un forte interesse personale e un appoggio incondizionato.
"L’obiettivo principale è di garantire l’equilibrio tra i terreni agricoli e le zone edificabili, ponendo un limite massimo al consumo del suolo stimolando il riutilizzo di zone già urbanizzate e promuovere l’attività agricola – ha dichiarato Monti –. Al sottoscritto, che non ha competenze specifiche, questo è parso un provvedimento particolarmente significativo e riassuntivo dei rimedi ai molti mali che caratterizzano l’Italia, l’economia italiana e il suolo. Forse avremmo dovuto metterlo nel nostro primo provvedimento Salva Italia, considerando che tocca punti in cui in Italia c'è molto da salvare".

I numeri con i quali Monti ha quantificato il fenomeno della cementificazione sono impressionanti: ogni giorno vengono cementificati 100 ettari di superficie libera e dal 1956 il territorio nazionale edificato è aumentato del 166% a fronte di un 28% di crescita demografica.
In 40 anni è stata cementificata un’area pari a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, passando da 18 a 13 milioni di ettari di superficie agricola.
"Ma sono molteplici le ricadute negative a cui questo provvedimento vuole porre fine - detto il presidente del Consiglio -: la prima è la perdita di superficie agricola e la conseguente riduzione della produzione che impedisce al paese di soddisfare il fabbisogno alimentare nazionale e aumenta la dipendenza dall’estero. Una situazione resa più preoccupante dal fatto che le zone rurali con maggior tasso di cementificazione sono le più fertili, come la pianura padana. La sottrazione di superfici alle coltivazioni - ha concluso Monti - ha effetti negativi sul paesaggio, sul turismo oltre a minare la sicurezza dei territori incidendo sull’assetto idrogeologico e aumentando i rischi di dissesto".


Minori del previsto le modifiche che, dopo la prima tornata di consultazioni, sono state apportate al testo, che si articola in sette punti principali:
Classificazione dei terreni agricoli: vengono identificati come ”terreni agricoli” tutti quelli che, sulla base degli attuali strumenti urbanistici, hanno destinazione agricola, indipendentemente dall’uso corrente.
Definizione dell’estensione massima dei terreni edificabili: si introduce a livello nazionale un meccanismo di identificazione dell’estensione massima di terreni agricoli potenzialmente edificabili. In tal modo dovrebbe essere garantito uno sviluppo equilibrato dell’assetto territoriale e una ripartizione equilibrata tra zone a destinazione agricola e zone edificate. Il sistema prevede l’assegnazione delle aree edificabili alle regioni che provvederanno a redistribuirle alle realtà territoriali.
"In questo modo – ha spiegato Catania – otterremo un sistema che vincola l'ammontare massimo di terreno agricolo cementificabile distribuendolo armonicamente su tutto il territorio nazionale".
Divieto di modifica della destinazione d’uso di terreni agricoli: si prevede il divieto di cambiare la destinazione d’uso dei terreni agricoli che hanno usufruito di aiuto di stato o di aiuti comunitari. In questo punto si ha la principale modifica rispetto al testo presentato a luglio, con un divieto che passa da 10 a 5 anni dal recepimento dell’aiuto e che non dovrebbe comprendere le strutture preposte allo svolgimento dell’attività agricola.
Recupero del patrimonio edilizio rurale: viene incentivato il recupero del patrimonio edilizio rurale per favorire l’attività di manutenzione, ristrutturazione e restauro degli edifici esistenti.
Registro Mipaaf: nasce presso il ministero delle Politiche agricole un registro al fine di identificare i Comuni interessati che possono chiedere di essere inseriti a patto che adottino strumenti urbanistici che non prevedono l’ampliamento di aree edificabili o un aumento inferiore al limite determinato dalle Regioni.
Oneri di urbanizzazione: si abroga la norma che consente agli enti locali l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione per la copertura di spese correnti, distraendoli dalla loro finalità di sostenimento delle spese per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Disincentivo attività edificatoria:  per disincentivare l’attività edificatoria sul territorio, si abroga la norma che prevede che una percentuale dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal Testo Unico in materia edilizia sia utilizzata per il finanziamento delle spese correnti dell’ente locale.



Palazzo Chigi, presentato il ddl anti-cemento


"È un disegno di legge - ha spiegato Catania - che affronta un tema molto sensibile, tocca infatti il tema dell'uso e della corretta gestione del territorio da parte di noi tutti ed e' un tema vitale per la qualità della vita. È inoltre il modello di sviluppo che vogliamo proporre e immaginare per il nostro Paese negli anni a venire".

Unanimemente positivi i commenti di tutte le sigle sindacali che rappresentano il mondo dell’agricoltura; per la Cia "il ddl va nella giusta direzione", per Coldiretti si è iniziato a varare le norme necessarie a salvare la terra fertile e il cibo,  per Copagri il ddl può essere la base per puntare a un effettivo cambio di rotta a tutela del settore e della sua produttività.
Positivi anche i commenti di Confagricoltura, che tuttavia non manca di contestare "la logica vincolistica e discriminatoria che ha ispirato il limite sulla destinazione nel tempo dei terreni agricoli che hanno beneficiato di aiuti di Stato e comunitario".
Al di fuori del panorama del settore primario, Confedilizia chiede di non modificare le norme, e giunge il plauso – più o meno incondizionato - della maggior parte del mondo politico.

Se da più parti si apprezza il contenuto del ddl, piovono invece critiche sulla scelta del veicolo normativo: un disegno di legge, che a fine legislatura rischia di non essere convertito per mancanza di tempo.
La parola ora passa infatti alle Camere, dove sarà necessario calendarizzare il provvedimento per approvarlo prima dell’addio dell’attuale Esecutivo.
In tal senso il ministro Catania ha dichiarato: "è evidente che i tempi della legislatura sono molto ristretti, però non mi sento di escludere che possa essere approvato. Dipende dalla possibilità di avere o non avere la deliberante nei lavori del Parlamento per la commissione. Se nei due rami del Parlamento verrà data questa possibilità, di un'approvazione in commissione in sede deliberante, i tempi ci sono ancora".

I tempi per l’approvazione definitiva sarebbero tuttavia già stretti se ognuno degli interessati facesse del suo meglio per condurre in porto la nave, ma è facilmente prevedibile che così non sarà e che fortissime pressioni contrarie arriveranno dalla lobby dei costruttori e dai Comuni, non ancora interpellati e che si vedrebbero tagliare un cospicua fonte di entrate, con l’Anci che – per bocca di Alessandro Cosimi - ha già dichiarato la sua posizione in questi termini: "I Comuni italiani sono stanchi di apprendere quotidianamente di proposte di legge che li riguardano, che un giorno appaiono ed il giorno dopo scompaiono, e tutto questo senza che su di esse ci sia mai stato un confronto serio con i comuni stessi. Siamo tutti d'accordo sul fatto che e' sbagliato utilizzare i fondi derivanti dagli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente - sottolinea Cosimi - e lo siamo al punto che da anni abbiamo posto come anci il problema.
Ci troviamo di fronte all'approvazione in via preliminare di una bozza di testo che – conclude - interviene su un tema importante quale è quello dei bilanci dei Comuni e lo fa proprio mentre questi sono ancora aperti a causa delle incertezze sulle entrate che tutti oramai conoscono".

Parole che non suonano certo come una promessa di collaborazione.