Quale deve essere il destino dei diritti di impianto delle viti nella prossima Pac? L’argomento non è decisamente uno dei più noti e coinvolgenti per il grande pubblico dei non addetti che, in tema di diritti e quote, deve ancora capire esattamente cosa è successo con le quote latte; tuttavia le evoluzioni liberiste dell’Ocm Vino proposte dal commissario europeo, Dacian Cioloş, potrebbero avere sul nostro Paese ripercussioni enormi e potenzialmente devastanti, sia sotto il profilo economico che della tutela dei prodotti vitivinicoli.

"Nel tempo - ha dichiarato il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, nel suo intervento conclusivo al convegno sul 'Ruolo dei diritti di impianto per il futuro del settore vitivinicolo europeo' organizzato a Roma la scorsa settimana da e presso la sede della sua organizzazione - il sistema dei diritti ha contribuito a preservare l’azienda viticola legata al territorio. Ha permesso l’insediamento dei giovani dando loro la possibilità di beneficiare di criteri di priorità nella ripartizione, senza contropartita finanziaria. Eliminarlo comporterebbe conseguenze economiche e sociali gravissime per il nostro Paese: eccedenze di produzione, delocalizzazione in zone a più alta resa per ettaro, anche da parte di operatori esterni al settore agricolo, competizione basata su prezzi al ribasso. Con il rischio di un progressivo abbandono del nostro modello tradizionale di viticoltura, che valorizza il territorio, l’ambiente, la tipicità".

La posizione dell’Italia nella disputa è assolutamente chiara e allineata con quella di tutti i Paesi produttori: quella della necessità di non sacrificare sull’altare della liberalizzazione un sistema funzionale e rodato. Le imprese vitivinicole, tra l’altro, sono fra le meno dipendenti dai pagamenti della Pac e i viticoltori riescono a remunerare la loro attività principalmente con i ricavi del mercato.

"Dobbiamo mantenere ferma la nostra posizione sui diritti di impianto. Sulla assoluta necessità di tenere in vita un sistema che ha accompagnato l’espansione delle vendite, con una crescita regolare del vigneto e che ha contribuito a mantenere l’equilibrio tra offerta e domanda", ha dichiarato Guidi, che ha evidenziato come il vino sia il fiore all’occhiello del commercio agroalimentare italiano (4,4 miliardi di euro) e come, con un fatturato di 10,7 miliardi di euro e 1,2 milioni di addetti, rivesta un ruolo strategico dal punto di vista economico e occupazionale in molte aree del Paese.

"Occorre mantenere un regime europeo che disciplini gli impianti per tutti i tipi di vino, Dop e Igp e per quelli senza indicazione geografica – ha continuato il numero uno di Confagricoltura - perché le criticità della liberalizzazione sono ancora più marcate per i vini senza indicazione, in particolare quelli varietali, ai quali non è possibile applicare strumenti aggiuntivi di regolamentazione. Potremmo ragionare sull’opportunità di rendere questo sistema un po’ più elastico – ha concluso - per superare le criticità riconosciute dagli operatori, ma non cederemo mai sul suo mantenimento".

Le posizioni italiane sintetizzate da Guidi sono peraltro condivise da organizzazioni e istituzioni di tutti i Paesi produttori, che non ritengono applicabile alcun sistema che muti in maniera sostanziale quello attuale e richiedono che la gestione del potenziale rimanga a livello centrale e non sia demandata alle organizzazioni dei produttori o alle organizzazioni interprofessionali.

 

 

Intervento del presidente della Commissione Agricoltura del Pe, Paolo De Castro

 

Rassicurante sul tema è stato l’intervento di Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, che ha spiegato come - nonostante l’emergenza dettata da tempi ristrettissimi - sul tema dei diritti di impianto la posizione dei Paesi produttori sia talmente condivisa e univoca e che è virtualmente da escludersi a priori la possibilità che si possa assistere a uno stravolgimento della situazione attuale.

"La questione attualmente sul tavolo non è se i diritti debbano essere mantenuti o meno. Sul loro mantenimento si è già votato a larghissima maggioranza – ha dichiarato De Castro. Ora si tratta di individuare le modalità per farlo nella maniera migliore per tutti. Raramente si assiste in politica a una così marcata unità di intenti - ha concluso De Castro - e questo ci permette di sostenere che, in merito a diritti di impianto, la conclusione delle trattative con una loro conservazione appare scontata. Se così non fosse, potremmo arrivare a non votare la Pac e questo, a seguito dell’introduzione del principio della codecisione derivato da Lisbona, rappresenta una leva politica di enorme potenza".