Rimini, 21 febbraio 2011 - Possono anche esaurirsi i pozzi di petrolio, ma potremmo continuare a viaggiare lo stesso. In un modo o nell'altro. Ma se finisce il cibo, l'Umanità non va più da nessuna parte. Né in un modo, né in un altro. Questo vale non solo per il Globo nella sua interezza, ma anche per ogni singolo Paese nelle proprie peculiarità. L'agricoltura italiana, in tale ottica, non può e non deve diventare quindi una sorta di boutique per prodotti di nicchia, seppure di eccellenza. Al fianco delle avanguardie di altissima qualità, serve anche un'agricoltura vera e produttiva, capace di sfamare gli Italiani riducendo le importazioni allo stretto necessario, evitando pericolose dipendenze da Paesi terzi. Le esperienze passate, fatte con le politiche petrolifere dei Paesi dell'Opec all'epoca dell'austerity, dovrebbero infatti aver insegnato qualcosa. Serve ovviamente un cambio di marcia e di mentalità. L'impostazione del comparto produttivo primario attuale è ancora legato a schemi in parte ormai obsoleti, come pure si risente di un passato di contributi erogati a pioggia, di scelte imprenditoriali poco libere e per nulla strategiche. Proseguendo in tal senso si rischia di cristallizzare le produzioni, appiattendole su piani di mercato che alla lunga possono incidere sui cardini storici dell'agricoltura italiana stessa. Nel futuro ci si dovrà quindi sì preoccupare di ambiente e di salute molto più di quanto si facesse qualche decennio fa, ma è anche necessario che il mondo agricolo abbia la sua equa profittabilità. Nessun sistema infatti può reggersi senza fare profitto. Quattro sono pertanto i Mantra che risuonano: fare sistema, formare, innovare e comunicare. Sul fare sistema si deve mestamente osservare come in molti lo sollecitino, ma pochi davvero lo vogliano. Specialmente quelli che dall'attuale assetto capitalizzano i benefici maggiori. Sui rimanenti tre punti invece vi sono connessioni intersettoriali che possono trovare sinergie importanti. Bayer Cropscience, con la propria collana "Coltura & Cultura" investe proprio in tal senso. Soprattutto la comunicazione, che appare il vero tallone d'Achille del mondo produttivo agricolo, va migliorata e amplificata. Una comunicazione perfettibile anche tra enti di ricerca, che a volte lavorano su temi analoghi e spesso nemmeno lo sanno. Sono 12 i titoli della Collana pubblicati fino a ora, altri due sono in arrivo. Il primo è incentrato sulla patata, il secondo sulle insalate. Con quanto prodotto allo stato dell''arte, sono 610 gli autori coinvolti, tra cui esponenti della ricerca estera. Oltre 60.000 le copie vendute e 300 le interviste che sono state caricate su YouTube, per rendere il messaggio fruibile dal grande pubblico anche sulla Rete. Divenire padroni della conoscenza vuol dire infatti acquisire valore e saper come usufruire meglio del valore di mercato disponibile. Sbarcando infine su iPad, la Collana ha visto aumentare la propria disponibilità soprattutto per gli Italiani all'estero, che ormai sono circa 100 milioni.

 

Esperti a convegno

In che modo si muove il Mondo agricolo, quindi, per affrontare le sfide del futuro? Tra le esperienze portate dal parterre degli esperti riuniti a convegno, Michele Pisante, dell'Università di Teramo, ricorda la creazione di una figura professionale specializzata in "oleologia", come pure hanno preso vita un master in produzioni di biomasse e diversi dottorati di ricerca. La collana "Coltura & Cultura" è spesso usata come libro di testo. E' poi bene ricordare, per dirla con le parole di Tommaso Maggiore dell'Università di Milano, come un paio di formaggi e un paio di prosciutti facciano il 90% delle esportazioni di prodotti alimentari italiani di qualità. Per fare entrambi ci vuole il mais, coltura quindi solo apparentemente meno nobile di altre, più blasonate e riconosciute dal grande pubblico. In questa coltura vi sono infine recenti sviluppi in chiave energetica, per la produzione di biogas e bioetanolo, che non possono essere dimenticati. Maria Ludovica Gullino (Di.Va.Pra. Torino), che curerà il prossimo volume sulle insalate, cercherà da parte sua di porre in esso le esperienze e le conoscenze maturate in orticoltura, la quale vede ogni giorno nuove patologie accavallarsi nei campi, mettendo a dura prova chi quelle colture deve proteggere. La voce dei produttori è portata invece da Ambrogio De Ponti di Unaproa, secondo il quale è necessario favorire l'aggregazione e il dialogo con il mondo della ricerca. I modelli di aggregazione attuali mostrano infatti segni di stanchezza e necessitano di una modifica organizzativa che la renda più attuale e moderna. Attualità e modernità sono argomenti che si riverberano anche nell'intervento di Daniele Tirelli, dello Iulm di Milano, secondo il quale è urgente capire e soddisfare le esigenze della filiera nella sua interezza. La qualità, secondo Tirelli, è l'unico punto su cui fare leva per stare fuori dalla bagarre dei prezzi dei prodotti generici. C'è poi un conflitto culturale fra l'acquirente che vive il proprio ruolo nel presente, nel vissuto quotidiano, e il tecnico che vive nei campi sperimentali dove mette a punto novità che potrebbero non essere poi di successo sulle tavole degli Italiani. Manca spesso il marketing del prodotto agroalimentare, cioè la capacità di raccogliere dati e fare analisi, come pure la capacità di trasferire non stereotipi o luoghi comuni, bensì le verità scientifiche.

 

Pericolose nostalgie

Antonio Pascale, scrittore e agronomo, sottolinea proprio l'errata e diffusa percezione di un'agricoltura che è sana se è naturale, mentre tutto quello che è artificiale è cattivo. Errore grave enfatizzare il passato, facendo prevalere la nostalgia "del bel tempo che fu" sulla corretta percezione del passato, del presente e del futuro. La resa dei cereali è rimasta sulla tonnellata all'ettaro per millenni. Solo tra le due guerre mondiali le rese sono salite. Stessa cosa per la vita media, impennatasi solo negli ultimi decenni grazie anche alla migliore qualità della vita stessa e dell'alimentazione. Come fare quindi per fare capire a chi parla di agricoltura, spesso a sproposito, che è solo con l'innovazione e la ricerca che si può andare avanti? Informando in modo corretto, sia dal punto di vista scientifico, sia con modalità intelleggibili da parte del grande pubblico, il quale risulta troppo spesso disconnesso dalla cultura agricola. Una cultura da cui si è allontanato qualche generazione fa, perdendone la padronanza e sostituendola spesso con "leggende metropolitane". Leggende aiutate spesso nella loro genesi da pubblicità fuorvianti, dove il "contadino" è rappresentato ancora come il buon vecchio e sano campagnolo che produce il cibo in orticelli che con la realtà hanno ben poco da spartire. L'agricoltura spicca poi nei giornali solo per allarmi e notizie negative. L'attenzione viene attratta specialmente a fronte di un'emergenza, un caso speciale. La moltiplicazione delle comunicazioni rischia però di appiattire la selezione delle notizie. Serve quindi una comunicazione anch'essa di qualità, basata su fatti certi e su verità inconfutabili. Come la Collana "Coltura & Cultura". Con buona pace di allarmismi e fuorvianti nostalgie.