"Rammarico per la mancata unificazione degli indirizzi tecnico e professionale e, nel contempo, difficoltà a spiegare alle famiglie le diverse competenze che avranno i periti agrari e gli agrotecnici; desiderio di impostare programmi didattici volti a favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e, tuttavia, la percezione che i due indirizzi non siano funzionali alle nuove esigenze del settore agricolo".
Questi sono alcuni dei temi emersi dalla Tavola rotonda organizzata da
L'Informatore Agrario che, per la prima volta, ha messo a confronto una quindicina di dirigenti scolastici dal nord e centro Italia sul nuovo assetto dell'istruzione agraria determinato dalla
legge Gelmini.
Una riforma che molti percepiscono come "nata da una volontà industriale e, per quanto nata da esigenze di apertura all'Europa, risulta poco funzionale alle esigenze di sviluppo del settore primario che, se pur in crisi, alimenta la crescita dell'agroalimentare made in Italy nel mondo". In videoconferenza da Arezzo Vincenzo Gonnelli, direttore della Consulta nazionale dell'istruzione agraria, che ha sottolineato come molte produzioni di eccellenza siano proprio nate da Istituti agrari e che ha rivendicato maggiore attenzione a livello ministeriale.
"Il diplomato nell'indirizzo tecnico avrà un'eccellente preparazione specifica di base ma mancherà di una capacità di approccio commerciale, mentre il professionale sarà maggiormente rivolto ai servizi ma non avrà capacità di analisi dei processi di produzione. Il rischio è di sfornare esperti che mancano di basi pratiche", ha spiegato Franco Pivotti, Coordinatore della rete delle scuole superiori di agricoltura del Veneto.
Tra gli aspetti negativi individuati, la riduzione delle ore dedicate alla pratica in campo e ai laboratori.
Dalla discussione è emerso che tra i due indirizzi, il professionale è quello più svantaggiato. "La prospettiva della riforma ha comportato nel nostro istituto una netta inversione di tendenza nelle iscrizioni: se fino a ieri il 70% sceglieva l'indirizzo professionale, oggi una percentuale analoga punta sul tecnico", ha spiegato Pivotti.
Quanto alle prospettive post-diploma, il prof Gian Ferruccio Brambilla, dirigente dell'Istituto tecnico agrario di Cesena, ha commentato: "Teniamo presente che oltre il 50% dei diplomati di istituti tecnico-agrari prosegue gli studi, a volte in ambiti diversi da quelli agricoli. Se curiamo bene il percorso formativo dei nostri allievi, quindi, creiamo loro le basi per un inserimento nel mondo del lavoro a più ampio spettro".
A conclusione, Lorenzo Andreotti, giornalista de L'Informatore Agrario, ha prospettato la costituzione di un comitato ad hoc sull'istruzione agraria che farà sentire la propria voce e le prospettive del settore sulle pagine del settimanale specializzato in agricoltura.