“Da oggi abbiamo a disposizione uno strumento prezioso per difendere i nostri produttori di olio e per tutelare il made in Italy. Ringrazio il Commissario europeo Mariann Fischer Boel per la sensibilità dimostrata nei confronti dei produttori e per l’attenzione riservata ai diritti dei consumatori, che potranno finalmente conoscere l’origine dell’olio che acquistano”. E’ il commento del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia al voto favorevole del Comitato di gestione olio di oliva della Commissione europea, che oggi a Bruxelles ha approvato – con il solo voto contrario della Grecia e l’astensione della Svezia – la modifica del reg. ce n. 1019/02 riguardante l’etichettatura dell’olio d’oliva. Il provvedimento, in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, sarà applicato già dal 1° luglio 2009.
“L’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli oli extravergini e vergini di oliva – spiega Zaia – è il risultato di una battaglia che l’Italia ha condotto con tenacia e convinzione. E' un passo importante nella difesa della qualità e della trasparenza, che fornisce al consumatore la possibilità di distinguere il prodotto italiano dagli oli di oliva di altri Paesi comunitari e non comunitari. Ed è lo strumento per combattere le contraffazioni e le truffe: nessuno potrà più spacciare impunemente per italiano l’olio proveniente da altri Paesi”.
Il provvedimento arriva in una fase di
crisi del settore oleicolo - la
Cia - Confederazione italiana agricoltori nei giorni scorsi aveva parlato di
"tracollo con prezzi in caduta libera (-30%), costi produttivi alle stelle (aumenti del 60%), oneri sociali in crescita e redditi in flessione" - e a pochi giorni dall'operazione di Icq, Corpo forestale dello Stato, Nac e delle altre forze dell’ordine, che ha portato al
sequestro di centinaia di quintali di olio d'oliva contraffatto. "E' una vittoria per il nostro Paese - ha commentato la
Cia -. In questo modo l’olio d’oliva “made in Italy” è più difeso dalle falsificazioni, dall’assalto degli “agropirati” e dalle sofisticazioni soprattutto con olive provenienti da altri Paesi (Grecia, Tunisia e Spagna.) Oltre a porre fine al lungo contenzioso con l’Ue, si giunge ad una completa trasparenza". L'Italia è il secondo Paese europeo con una produzione che supera le 600.000 tonnellate (ricavate da 250 milioni di piante), due terzi delle quali extravergine e con molte Dop e Igp.
Soddisfatta anche la
Coldiretti.
"Finalmente in Europa non sarà più possibile spacciare come made in Italy l’extravergine ottenuto da miscugli di olio spremuto da olive spagnole, greche e tunisine. Si tratta di una storica svolta per l'Ue. L'estensione dell'obbligo di indicare in etichetta l'origine delle olive impiegate nell'extravergine in tutti i Paesi europei è " una risposta coerente alla necessità di garantire la trasparenza alle scelte di acquisto dei consumatori comunitari e di combattere le truffe". Con il via libera del Comitato si può completare l’iter di approvazione del regolamento comunitario che entra in vigore il primo luglio mentre nel frattempo resta vigente a livello nazionale il Decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 ottobre 2007 che ha imposto in Italia l’obbligo di etichettatura dell’olio extra vergine di oliva.
"La modifica pone fine ad un’altalena di norme nazionali che rischiavano di non cogliere l’obiettivo e di addossare sugli agricoltori nuovi oneri". Lo sottolinea
Confagricoltura che più volte ha sostenuto la necessità di un negoziato con la Commissione.
“E’ questo - dichiara Confagricoltura -
un ulteriore elemento nell’ottica della chiarezza e della competitività, che può consentire al nostro sistema Paese di recuperare terreno sui mercati nazionali ed esteri, in un momento di forte crisi del settore".
“Siamo soddisfatti dell’approvazione definitiva del nuovo regolamento, poiché recepisce i contenuti sostanziali del decreto nazionale sull’origine obbligatoria degli olii extravergini e vergini di oliva, in difesa della qualità e della trasparenza per il consumatore”. Così il presidente di
Fedagri-Confcooperative Paolo Bruni.
“Va dato atto al ministro – prosegue Bruni –
dell’impegno profuso per il raggiungimento dell’obiettivo. Auspichiamo, tuttavia, di poter intervenire anche in materia di regole per la produzione e commercializzazione delle miscele di olii di oliva e di altri olii vegetali".
I numeri dell'olio
L’olio extra vergine di oliva è protagonista sulla tavola degli italiani ed è motore dello sviluppo economico di un sistema di imprese che trova nel legame tra origine obbligatoria e territorio il punto di equilibrio più alto rappresentato dalla qualità. L’Italia, come sottoliena
Unaprol - Consorzio olivicolo italiano, è il crocevia del mercato dell’olio di oliva ed è il baricentro della produzione di qualità del Mediterraneo.
Circa duecentocinquanta milioni le piante di olivo messe a dimora su oltre un milione e trecentomila ettari e trecentocinquanta le varietà di olive catalogate.
Vi sono poi una ventina di strade e vie dell’olio, che tracciano il percorso del gusto di trentotto denominazioni di origine Dop-Igp già riconosciute, alle quali si aggiungono un’altra decina di nuove Dop che hanno ottenuto il riconoscimento transitorio.
L’approvvigionamento degli oli extra vergini di oliva da parte dell’industria italiana avviene in funzione degli andamenti quali quantitativi della campagna in maniera variabile dai produttori italiani e dai paesi del bacino del Mediterraneo. In media tra le cinquanta e le centomila tonnellate provengono dal Nord della Puglia e da alcune aree della Calabria, Sicilia e Campania. Tra le trecento e le quattrocento mila tonnellate sono importate da Spagna e Grecia, cui si aggiungono Tunisia e altri paesi del Maghreb.
Oltre 200 mila tonnellate all’anno sono invece dirette al mercato estero, con un plus medio in valore del 50%. Le quote di mercato del nostro Paese oscillano tra il 60 e l’80%.
La produzione media italiana di olio di oliva in generale si attesta sulle 600 mila tonnellate all’anno, mentre il consumo interno supera mediamente le 800 mila tonnellate. L’Italia è quindi costretta ad importare prodotto dall’estero per soddisfare la sola domanda del consumo interno.