Appena 20 anni fa, in Italia, c'erano pochi produttori che credevano nella coltivazione 'pulita', ovvero senza l'uso di pesticidi, e alcuni di loro ritennero che per valorizzarla si dovessero attivare degli specifici controlli. E parlare di controlli, nella seconda metà degli anni '80, rappresentò un fatto del tutto rivoluzionario, in anticipo sui tempi e sulla stessa regolamentazione comunitaria che sarebbe stata emanata alcuni anni dopo. Così nel 1988 si diede vita al Ccpb (Consorzio per il controllo dei prodotti biologici), che venerdì 23 maggio 2008 ha tenuto l'assemblea di bilancio unendovi anche una parte – coordinata da Patrizio Roversi - dedicata ai 20 anni di attività, con la partecipazione di vari 'pionieri', esperti e personalità del settore. Non solo, ma è stata anche l'occasione per presentare ufficialmente Ccpb srl a cui dall'inizio di gennaio 2008 sono state conferite tutte le attività di controllo e certificazione, e il consorzio 'Il Biologico' che si occupa di formazione, divulgazione e promozione.

Lino Nori, presidente del consorzio 'Il Biologico', ha sottolineato come «in questi 20 anni, assieme a tante persone, abbiamo costruito un nuovo modo di coltivare, lo abbiamo diffuso. E' stata anche una bella avventura culturale, perché abbiamo contribuito a salvaguardare l'ambiente e la salute».

Per comprendere le potenzialità del bio, basti pensare che oggi è presente in 120 Paesi  con 31 milioni di ettari coltivati, 720mila aziende, 38,6 miliardi di dollari di fatturato nel 2006 (nel 2007 dovrebbero superare 40 milioni di dollari).

A livello mondiale, l'Australia, con 12,2 milioni di ettari e 1.550 aziende, è il primo produttore di biologico, precedendo Cina (2,3 milioni di ettari con 1.600 aziende), Argentina (2,2 milioni HA) e USA che, con 1,6 milioni di ettari e 8.400 aziende, ha sorpassato l'Italia.

Il Belpaese si conferma leader in Europa con 1.148.000 ettari, 45mila aziende e un fatturato di 2,2 milioni di euro davanti a Spagna (926.000 ha), Germania (825.500 ha) Gran Bretagna (604.500 ha) e Francia (553.00 ha).

Dopo un buon andamento fino ai primi anni del 2000 si era registrata in Italia una stasi che ha avuto un primo trend positivo con l'incremento delle esportazioni da un paio di anni ed ora, nel 2007 una ripresa dei consumi interni. «Fra le aziende di trasformazione che certifichiamo – ha specificato Nori - nel 2007 abbiamo avuto un incremento del +17% sul 2006, depurato degli aumenti dovuti al rialzo dei costi delle materie prime. E questa crescita viene dall'espansione dei volumi di attività delle imprese più che dall'incremento del numero delle stesse».

Sono dati significativi, che testimoniano il brillante percorso dell'Italia, se si considera che all'inizio degli anni '90 rappresentava il 5% della superficie europea ed ora è in una posizione di avanguardia nel biologico, che rappresenta una straordinaria opportunità per valorizzare i prodotti dell'agroalimentare italiano. Purtroppo, ha rilevato la relazione all'assemblea, si protrae il ritardo dell'attuazione del Piano di azione nazionale che è dotato di risorse per 10 milioni di euro per ognuno dei tre anni di durata. La burocrazia è una delle responsabili dei ritardi del settore, così come va riscontrata una informazione deludente sul biologico.

«Nel 2007 il Ccpb ha realizzato un volume di affari di 4,4 milioni di euro contro i 4 del 2006 - rivela Fabrizio Piva, amministratore unico di Ccpb srl - un incremento dovuto soprattutto all'aumento dei controlli sulle aziende di trasformazione che sono passate dalle 2.038 del 2006 alle 2.270 del 2007. L'attività di certificazione ha comportato 5.356 ispezioni (eseguite da 52 ispettori) su 3.553 aziende (coltivazione, allevamenti e trasformazione) e sono stati rilasciati 3.210 certificati di conformità».

Nel 2007 ha preso consistenza anche la certificazione dei cosmetici biologici, un nuovissimo comparto in netta espansione, se si considera che stanno già coprendo il 2% del mercato italiano (l'agroalimentare rappresenta l'1,5% del totale).

Inoltre va citato lo schema Bio-Habitat per la certificazione del verde non agricolo biologico, che ha visto rilasciare certificazioni, fra le altre, ai Comuni di Faenza, Legnago e Modena.

«Non dobbiamo dimenticare - ha detto Tiberio Rabboni, assessore all'Agricoltura dell'Emilia-Romagna concludendo l'assemblea di bilancio del Ccpb - che in regione sin dagli anni '70 si iniziò a sperimentare la lotta integrata poi la produzione integrata e di qui si mossero i primi passi per il biologico, che ebbe un impulso anche dalla realizzazione della prima biofabbrica italiana. E tutto questo con un costante flusso di risorse. Tanto che negli ultimi 6 anni abbiamo destinato al biologico 150 milioni di euro».