Il “caro-petrolio” fa decollare i prezzi degli agro-alimentari. Aumenti si registrano alla produzione e al dettaglio. Ma se sui campi gli incrementi si aggirano intorno al 3%, sulle tavole arrivano anche al 10-12%, per rincari selvaggi e speculazioni. A sottolinearlo è la Cia - Confederazione italiana agricoltori che lancia l’allarme per i livelli record raggiunti dal gasolio utilizzato dei produttori. Secondo le stime della Cia, nell’ultimo mese per gli ortofrutticoli gli aumenti all’origine hanno raggiunto il 3%, mentre al consumo si arriva al 9-10%. Per i cereali si registrano lievitazioni tra il 4-5%. Sul consumatore gli aumenti hanno un effetto devastante: il pane è rincarato del 12% e la pasta dell’11,5%. Stesso discorso per il latte e i suoi derivati. Alla stalla il prezzo è cresciuto del 2,5%, al dettaglio i listini hanno ripreso a salire: il latte è aumentato in media del 4,2%, i formaggi del 6,5% e gli yogurt del 3,5%. Per quanto riguarda le carni, i prezzi all’origine hanno subito una crescita media dell'1,5%, che al consumo si è tradotta al 4,5-5%. "Gli aumenti all’origine, determinati dal caro-petrolio, si sono gonfiati lungo la filiera con spinte artificiose e manovre speculative: il prezzo finale di un ortaggio è ripartito per il 23% all’agricoltore e 77% agli altri operatori della filiera. Il che significa che dal campo alla tavola i prezzi decollano in maniera abnorme". Il caro-petrolio - afferma la Cia - sta avendo effetti pesantissimi sull’agricoltura. Nel 2005 la bolletta energetica dell’agricoltura è cresciuta del 15%, nel 2006 del 26%, nel 2007 del 38% e per il 2008 si prevede un aumento del 45%. Per un’impresa agricola nel 2005 l’aumento mensile dovuto al rincaro del greggio è stato di 260 euro, nel 2006 di 390 euro, nel 2007 di 490 euro e per il 2008 si prevede di arrivare anche a 700 euro.