Alle accuse di speculazione circa il caro-pasta rivolte alle imprese di trasformazione, Massimo Andalini, Presidente del settore pasta di UnionAlimentari-Confapi, Unione nazionale della piccola e media industria alimentare, risponde: “L’aumento di prezzo richiesto da noi, piccoli e medi pastai, serve a coprire il rincaro del grano duro che ci viene imposto, perchè deriva da meccanismi di quotazione a monte sui quali noi non abbiamo potere d’intervento: l’incremento da noi auspicato è di 0,16 €/Kg e corrisponde alla differenza tra il prezzo odierno della semola (0,40 €/Kg) e il prezzo medio dell’anno 2006 (0,24 €/Kg)”. "La domanda di semola di noi pastai italiani è elevata, l’Italia è il primo consumatore mondiale di frumento duro, e, a causa di una scarsa resa della stessa in fase di trasformazione (in media -4%), dobbiamo utilizzare 1 kg di semola per ottenere solo 960 g di pasta”. Tale richiesta in questi mesi non è suffragata da una sufficiente offerta che, appunto, è in costante contrazione e costringe i pastai italiani a ricorrere sempre più alle forniture estere (60 milioni il fabbisogno interno, circa 50% le importazioni)". Conseguenti le riduzioni delle scorte mondiali che, scese a 111 milioni di tonn al minimo storico da 28 anni, costringono i pastai italiani a difendersi da rincari futuri della semola (0,46 €/Kg ad ottobre). A fronte dell’aumento da noi richiesto, i consumatori acquisteranno 500 g di pasta di semola a 0,80 € anziché a 0,70€ odierni (+14,28%), mentre un pacco di tagliatelle all’uovo da 250 g a 0,95€ piuttosto che a 0,90€ di oggi (+5,55%)”. Andalini vuole fare chiarezza: “Molte sono le informazioni errate passate sulla stampa. L’aumento della pasta è stato annunciato e ci sarà, ma non è frutto di speculazioni: garantire la qualità della pasta italiana ha un costo e, per mantenerla, bisogna prendere provvedimenti. Il problema del rincaro del frumento è internazionale e nessuno degli operatori della filiera ha potere d’influenza: apriamo un tavolo di dialogo con tutti i soggetti coinvolti, dagli agricoltori ai consumatori, piuttosto che perseguire presunti untori”.