Le aziende agroalimentari sono obbligate ad avere una tracciabilità dei prodotti che immettono in commercio al fine di poterne garantire il richiamo in caso di problemi. Si tratta di un'attività piuttosto laboriosa, che ogni azienda affronta in maniera differente, facendo ricorso a software gestionali, ma anche a documentazione cartacea.


Per le aziende, dunque, gestire la tracciabilità rappresenta un'attività complessa che potrebbe essere semplificata dall'applicazione della tecnologia blockchain. Di questo si è discusso durante un evento dal titolo "La tecnologia blockchain. Un sistema per migliorare la qualità dei controlli del biologico" che si è tenuto lo scorso 8 settembre a SanaTech, la versione tech di Sana, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale.

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La tecnologia  blockchain per la tracciabilità

Per semplificare all'estremo possiamo dire che blockchain è una tecnologia che permette di archiviare dati su registri condivisi tra i vari soggetti di una rete, come una filiera. Tali dati hanno la caratteristica di essere immutabili nel tempo e una volta che vengono scritti in blockchain non possono essere modificati.


Questo rappresenta una garanzia importante per gli attori della filiera e un elemento di fiducia. Se tutti gli stakeholder fossero in grado di compilare una blockchain si potrebbe avere una tracciabilità completa di un prodotto agroalimentare, facilitando in questo modo eventuali richiami e assicurando al consumatore finale maggiori informazioni sul bene acquistato.

 

L'esperienza di IBM con la blockchain

Alessandro Chinnici, senior Sustainability Software Technical Specialist di IBM Italia, ha portato sul palco di SanaTech l'esperienza di Food Trust, la piattaforma blockchain sviluppata da IBM, appunto, e oggi utilizzata da molteplici aziende nel settore agroalimentare.

 

Un esempio di utilizzo di Food Trust è Farmer Connect, che permette la tracciabilità nel settore del caffè, caratterizzato da una lunga e articolata supply chain. Un altro esempio è Norwegian Seafood Trust AS, un Consorzio norvegese che si occupa di pesce fresco e che usa la piattaforma di IBM per assicurare la provenienza e la catena del freddo. Mentre in Italia l'Azienda Coricelli usa Food Trust per tracciare le sue bottiglie di olio, sulle quali è stampato anche un QRCode che permette al consumatore di conoscere la storia del prodotto.

 

Le caratteristiche di Food Trust sono quelle di essere una piattaforma blockchain chiusa (permissioned), nel senso che solo gli operatori invitati dai membri possono scrivervi. Questo rappresenta un elemento di garanzia importante, inoltre permette di abbatterne la complessità e di calmierare i costi energetici per far girare le macchine. Infine opera in cloud e si può interfacciare con qualunque applicazione già oggi sul mercato.

 

Grande potenziale, ma mancano basi solide

Se sulla carta la blockchain rappresenta un'incredibile opportunità per innovare e semplificare il settore agroalimentare, ci sono però una serie di ostacoli pratici con i quali gli attori della filiera si devono scontrare. Uno di questi è la bassa digitalizzazione delle aziende agricole che, come raccontato da Riccardo Cozzo (presidente di Ass.O.Cert.Bio) e Doriano Giulianini (vicepresidente di ATBio), spesso non utilizzano strumenti digitali per archiviare i dati.


Questo costringerebbe gli agricoltori, che tra l'altro hanno un basso grado di digitalizzazione e operano in aree scarsamente connesse, a dover immettere manualmente i dati all'interno della blockchain. Un'operazione tutt'altro che facile e che può generare anche errori.


L'altro aspetto è la mancanza di interoperabilità tra le diverse piattaforme informatiche che già oggi sono utilizzate dalle aziende agricole e dagli altri attori della filiera. I software che oggi risiedono su piattaforme pubbliche o private lavorano su database organizzati per silos e quindi non in grado di parlarsi. L'agricoltore si trova così obbligato, ad esempio, ad inserire le stesse informazioni sul proprio software gestionale, all'interno del proprio fascicolo aziendale sul Sian, sui moduli richiesti dai partner commerciali ed, eventualmente, anche all'interno di una piattaforma blockchain.


I relatori del convegno si sono trovati d'accordo nell'affermare che la tecnologia blockchain rappresenta sicuramente una interessante opportunità per la filiera, ma affinché possa esprimere davvero le sue potenzialità sarebbe necessaria una maggiore digitalizzazione degli attori, nonché una interoperabilità tra i sistemi digitali già oggi in uso, in modo tale che le informazioni disponibili possano essere utilizzate in un'ottica di circolarità.


Resta infine il tema di come garantire la veridicità dei dati inseriti. La blockchain è infatti una tecnologia agnostica, che notarizza il dato, rendendolo immutabile nel tempo, tuttavia non può, in alcun modo, certificarne la veridicità. Per questo motivo il lavoro degli organismi di certificazione, soprattutto in biologico, rimane essenziale per il tutelare l'intera filiera.

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