L'obiettivo è quello di contenere il virus entro i confini delle zone già interessate e impedire che possa coinvolgere le aree limitrofe, in particolare quelle a maggiore densità di allevamenti suinicoli. E i primi risultati paiono incoraggianti.
È quanto si è appreso dall'audizione che il commissario straordinario all'emergenza peste suina africana, Giovanni Filippini, ha tenuto in commissione Agricoltura e Sanità del Senato.
Un primo elemento emerso dall'incontro è la riduzione del numero di cinghiali all'interno della zona infetta, merito soprattutto degli effetti letali del virus che anche nei selvatici determina un'elevata mortalità.
Meno delle attività di depopolamento, che in queste aree sono attuate con molte precauzioni per evitare siano motivo di fuga e spostamento degli animali.
Le barriere fisiche
Il controllo dell'espansione virale è uno dei principali fulcri del programma di lotta alla peste suina africana e prevede il rafforzamento delle barriere fisiche utilizzando le strutture già presenti lungo le due autostrade che insistono sulla zona infetta, la A1 e la A15, e la chiusura dei varchi ancora aperti.
La collaborazione degli enti gestori di queste strutture viarie, ha ricordato Filippini, si spingerà sino al controllo e alla gestione di queste barriere, che necessitano di una attenta verifica nel tempo.
Il depopolamento
Altro pilastro dell'attività di contrasto alla peste suina africana è il depopolamento dei selvatici, in particolare nelle aree non infette.
Forte l'attenzione sulle zone di confine con le aree interessate dal virus.
È stato predisposto un algoritmo che consente di individuare con maggiore certezza i punti di maggiore criticità, dove indirizzare le attività e quando occorre intervenire in deroga anche all'interno della zona infetta.
Le barriere biologiche
Alle barriere fisiche si affiancano le barriere biologiche, incentrate sulla ricerca attiva delle carcasse di cinghiali potenzialmente infetti.
Due le strategie in atto. Con i cani molecolari addestrati per la ricerca, in accordo con Enci, l'Ente Nazionale Cinofilia Italiana.
Un compito molto delicato in quanto occorre che il cane non entri in contatto con la carcassa, potendo in questo modo diventare un vettore del virus.
Anche i droni porranno essere utili per rintracciare la presenza di carcasse di selvatici, strumento per ora in fase di realizzazione.
Il secondo strumento sono le gabbie di cattura dei selvatici.
Attrezzature che presentano però una certa complessità e che richiedono la collaborazione attiva delle amministrazioni locali.
Allo studio l'istituzione di una nuova figura, l'agricoltore sentinella, che all'interno delle aree di propria pertinenza si impegna a rintracciare eventuali carcasse.
Si conta molto sull'aiuto degli agricoltori per ottenere entro il prossimo giugno che almeno l'80% delle carcasse infette sia stato rintracciato.
Biosicurezza
In tema di biosicurezza occorre ricordare che agli interventi strutturali, attuati anche con sostegni diretti agli allevatori, occorre affiancare una biosicurezza attiva da parte degli allevatori.
Necessaria a questo proposito un'opera di informazione e formazione, ma non si potranno addossare agli allevatori, ha tenuto a precisare Filippini, responsabilità nella diffusione del virus.
Troppe le vulnerabilità di fronte a un virus che ha la capacità di sopravvivere per mesi nell'ambiente esterno e di essere veicolato da qualunque superficie contaminata.
Il nodo rimborsi
Si è parlato anche del delicato tema dei rimborsi agli allevatori. Già sono stati erogati gli anticipi sui danni diretti, conseguenti all'abbattimento dei suini negli allevamenti coinvolti dal virus.
Più complesso il tema dei rimborsi per i danni indiretti, quelli conseguenti al blocco delle movimentazioni.
In questo caso occorre tenere conto dei vincoli comunitari, rientrando questi ristori nell'ambito di quelli considerati come aiuti de minimis e quindi con limiti che possono rendere il rimborso inadeguato.
Gli obiettivi
Il passo successivo, ha concluso Filippini rispondendo alle domande dei parlamentari intervenuti all'audizione, sarà quello di far retrocedere il virus e ridurre di conseguenza le aree sottoposte a misure di protezione e sorveglianza.
Con le autorità sanitarie europee si sta già discutendo l'ipotesi di un ritorno, laddove possibile, alle restrizioni di primo livello, meno impegnative.
Al contempo sono aperte le interlocuzioni per riaprire l'export nei Paesi che hanno alzato le loro barriere sanitarie nei confronti dei prodotti della suinicoltura italiana.
Un risultato raggiunto al momento solo con il Canada.
Le barriere ancora in atto non hanno motivo di esistere se si tiene conto che il virus non è presente nelle carni stagionate per 400 e oltre giorni. Ancora una volta è bene ricordare che il rischio di contagio riguarda solo gli animali e non le persone.
La lotta contro il virus sta dunque producendo i primi risultati positivi, ma per un ritorno alla normalità ci vorrà ancora tempo e molto impegno.