I primi casi di Lingua blu (o febbre catarrale degli ovini) diagnosticati in Veneto risalgono a fine agosto. Ad essere colpiti, come riporta AgroNotizie del 7 settembre, alcuni capi ovini in provincia di Belluno. Immediata l'attuazione da parte delle autorità sanitarie di tutte le misure per il controllo della malattia. Ma non è stato sufficiente.
Il virus, veicolato da una sorta di moscerino del genere Culicoides, ha approfittato di queste ultime calde giornate di inizio autunno per colpire altri allevamenti. Così da Belluno, ove si registrano ora 30 casi di malattia distribuiti fra 12 comuni, il virus si è spinto in provincia di Treviso colpendo 40 allevamenti di 13 diversi comuni e poi a Vicenza dove i casi segnalati sono per il momento solo 2, a Campolongo sul Brenta e a Cismon del Grappa. Salgono quindi a 72 i focolai registrati dalla Rete di sorveglianza epidemiologica del Veneto, che fa capo all'Istituto zooprofilattico delle Venezie.
I sintomi
La malattia, lo ricordiamo, colpisce soprattutto gli ovini, ma anche i bovini dove si presenta con una sintomatologia meno evidente.
I principali sintomi sono la comparsa di febbre, congestione cutanea, zoppie (dovute a coronite), edema alla testa e agli arti, cianosi della lingua (da cui il nome di lingua blu o blue tongue), emorragie alle mucose, respiro irregolare.
I danni per gli allevamenti
Con l'espandersi delle aree interessate dal virus si è al contempo allargato il numero di allevamenti coinvolti dalle misure di contenimento della malattia che prevedono fra l'altro il blocco della movimentazione degli animali. Un vincolo che coinvolge gli allevamenti di ovini e di bovini e questi ultimi hanno una significativa diffusione nelle zone sottoposte a restrizioni.
Facile immaginare i danni economici che gli allevatori devono sopportare per la mancata commercializzazione dei capi a maturazione. Già le organizzazioni agricole hanno denunciato la gravità della situazione ai vertici della Regione Veneto, lamentando inoltre la decisione di limitare agli ovini il programma di vaccinazione. Come conseguenza gli allevatori di bovini dovranno allora pagare di tasca propria gli interventi vaccinali. Un'ipotesi stigmatizzata dal presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, che ha ricordato come la profilassi di Stato non possa essere a carico dei produttori.
Aspettando l'inverno
Un aiuto al contenimento dell'infezione, oltre alla scrupolosa osservanza del programmi sanitari già previsti, potrà arrivare dall'avanzare della stagione invernale.
Con i primi freddi si avrà la scomparsa dell'insetto vettore, cosa che sarà di grande aiuto nel frenare l'espandersi della malattia.
Nel frattempo va rinnovato l'invito agli allevatori a collaborare con i servizi veterinari segnalando prontamente ogni caso sospetto.
29 settembre 2016 Zootecnia