"L'industria casearia italiana avrebbe grandi opportunità di mercato nei Paesi terzi - afferma Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatte - ma è penalizzata rispetto agli altri grandi competitor, che sono avvantaggiati dai minori costi di produzione e da un miglior sistema-Paese. Questi fattori li rendono più efficienti e competitivi sui mercati internazionali, e in particolare nei Paesi terzi".
A fare incetta di formaggi made in Europe sono soprattutto (nell'ordine) Giappone, Stati Uniti, Russia, Messico, Cina e Algeria, che rappresentano i principali acquirenti extra-Ue di prodotti caseari comunitari. Tutti questi mercati - ad eccezione della Russia - registrano trend di crescita: tra gennaio e luglio dell'anno in corso, l'export Ue di formaggi verso il Giappone ha segnato +11%, negli Usa +26%, in Messico +30%, in Cina +5% e in Algeria +23%. Sui mercati terzi i produttori europei devono affrontare agguerriti competitor, a partire dagli Stati Uniti, che da soli esportano in questi Paesi una quantità di formaggi pari al 50% di quella commercializzata dall'intera Unione europea. Altri concorrenti molto dinamici sono la Nuova Zelanda, l'Australia, la Bielorussia e l'Argentina.
Risultati eccellenti quelli delle imprese italiane, si legge in una nota di Assolatte, che potrebbero essere ancor migliori se fossero messe in condizione di essere più competitive e se si trovasse una soluzione definitiva all'annoso problema delle imitazioni e dell'italian sounding. I nostri formaggi fanno scuola nel mondo ed è per questo che vengono imitati e taroccati. Ma è inutile strillare o piangersi addosso, occorre invece concentrarsi sugli unici strumenti realmente validi per combattere questo fenomeno: gli accordi internazionali di libero scambio. Per questo - conclude Assolatte - bisogna insistere e portar a casa risultati, come quelli ottenuti con la Corea e il Canada, continuando un percorso virtuoso che darà slancio al nostro export.
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Fonte: Assolatte