Il 90% dei consumatori europei vorrebbe che le carni trasformate riportassero in etichetta l'origine degli ingredienti. Lo dice uno studio della Commissione Ue che si è concluso nella scorsa estate, ma che solo ora è stato reso pubblico. Lo stesso documento dice che le preferenze dei consumatori calano vistosamente (si fermano fra il 60 e l'80%) se i costi per le etichette “trasparenti” dovessero comportare un aumento dei prezzi del 10%. Ecco qual'è il maggior nemico di queste etichette, il costo. Un problema reale, sebbene utilizzato troppo sovente dalle industrie del settore per frapporre ostacoli al proseguimento dei progetti che vanno in questa direzione. La Commissione non sembra però intenzionata a far rientrare le proposte sul tavolo.
Tre idee
Tre le ipotesi di lavoro. Mantenere l'etichetta di origine su base volontaria, introdurre un'etichetta obbligatoria con un'indicazione sommaria della provenienza della carne (Ue o Paese extra Ue) e infine una versione più puntuale, con l'indicazione del Paese di origine, sia questo comunitario o meno. Decidere non sarà facile, perché, ricordano a Bruxelles, c'è una forte differenza nel comportamento dei consumatori dei 27 Paesi della Ue, non sempre e non ovunque così disponibili alla lettura delle etichette come sarebbe necessario. La discussione sul tema etichette dunque continua e una soluzione, c'è da scommetterci, non arriverà a breve.
Il progetto italiano
Intanto c'è chi si muove in altre direzioni, come in Gran Bretagna dove il tentativo di semplificare le etichette “arricchendole” con un semaforo (verde uguale buono, rosso uguale “cattivo") sta creando non pochi problemi, guarda caso proprio a nostri prodotti di eccellenza, come ha spiegato anche Agronotizie.
In casa nostra si fa di meglio. E' di questi giorni la presentazione di un progetto che sposa il cibo con le nuove tecnologie. Si chiama Safety for Food, in sigla S4F, nome che certo entusiasma gli esperti di marketing, ma ogni tanto ci farebbe piacere incontrare qualche sigla “nostrana”. Ma non importa. A guidare il progetto sono due società italiane, Cisco e Penelope, e il tutto gira attorno alla digitalizzazione di ogni passaggio degli alimenti (dunque non solo della carne) nei vari stadi della filiera produttiva. Per ottenere questo risultato occorre un insieme di sensori in grado di “leggere” tutto il percorso automatizzando il più possibile la raccolta dei dati e il loro trasferimento a ValueGo, il sistema di tracciamento e garanzia dell'origine al consumo. Si tratta di una piattaforma tecnologica che si avvale del sistema RFID (radio frequency identification) e di etichette “intelligenti”, a prova di errore. Talmente originale da meritarsi il premio per l'innovazione digitale made in Italy.
Una vecchia, nuova idea
Nuovo certamente nelle tecnologie, ma poi non dissimile da analoghi tentativi di etichette elettroniche con le quali circa venti anni fa si voleva tentare di tracciare il percorso delle carni e non solo. Allora i tempi non erano maturi. Tecnologie ancora da affinare e soprattutto costose e complicate, fecero naufragare ogni tentativo. Ora le tecnologie ci sono, ma ci vorrà ancora un po' di tempo, almeno tre anni per sviluppare il sistema di raccolta e distribuzione dati. Tre anni sembrano molti, ma forse dovremmo attendere anche di più se aspettiamo Bruxelles...
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Autore: Angelo Gamberini