I segnali che arrivano dai mercati internazionali del latte non sono positivi. Nella Ue i prezzi del latte alla stalla sono mediamente più alti di quelli di un anno fa, ma dall'inizio del 2012 la flessione del prezzo è stata costante e significativa. In Germania il prezzo del latte spot (quello venduto fuori dai contratti) è sceso a 34,40 euro al quintale, dopo aver sfiorato a fine 2011 quota 36 euro. Situazione analoga in Francia, con quotazioni scese in marzo a 31,93 euro, come si può constatare dai dati pubblicati da Clal. Allargando lo sguardo oltre i confini della Ue, altre preoccupazioni arrivano dalla Nuova Zelanda, importante produttore mondiale, dove le aste di polvere di latte hanno fatto registrare cali percentuali a due cifre (-11% per la polvere di latte intero, in aprile).

E in Italia il prezzo del latte spot è sceso a meno di 32 euro al quintale sulla piazza di Lodi, tra le più importanti in questo settore. Il confronto con gli oltre 44 euro raggiunti a fine dicembre 2011 fotografa con efficacia quanto la situazione sia pesante. Per non parlare della caduta, peraltro prevista, del prezzo dei due grandi formaggi italiani, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. Entrambi costretti a fare i conti con la spinta produttiva dei mesi scorsi, sospinta dal buon andamento dei prezzi. Sordi ai richiami dei rispettivi consorzi di tutela, che invitavano a tirare il freno, i caseifici si trovano oggi con i magazzini pieni e il mercato sceso sotto quota 9 euro sia per il Grana Padano di più lunga stagionatura, sia per il Parmigiano Reggiano stagionato 12 mesi.

 

Posizioni distanti

E' in questo scenario, certo poco rassicurante, che gli allevatori e le loro organizzazioni si confrontano con la controparte industriale nel tentativo di fissare i nuovi accordi sul prezzo del latte per la prossima campagna. Una trattativa che parte in salita e che come sempre prende il via dalla Lombardia, regione che rappresenta da sola il 41% del latte prodotto in Italia e che funge da apripista per gli analoghi contratti nelle altre regioni. L'ultimo accordo, scaduto il 31 marzo e firmato dalle organizzazioni degli allevatori con Italatte (gruppo Lactalis), prevedeva un prezzo di 40,7 centesimi per ogni litro di latte alla stalla. Mentre gli allevatori chiedono di non scendere sotto i 40 centesimi al litro, l'industria del latte rilancia proponendo (ma sono solo “voci”) appena 32 centesimi. Siamo solo alle prime “scaramucce”, la trattativa vera e propria deve ancora prendere il via. Ma restano le preoccupazioni, tanto che Copagri Lombardia, per voce di Roberto Cavaliere, teme un “collasso finanziario dei produttori” se le proposte dell'industria dovessero andare in porto. I costi di produzione del latte, ricorda lo stesso Cavaliere, superano oggi i 45 centesimi al litro e a rischio c'è la sopravvivenza e il vanto del made in Italy del settore lattiero caseario.

 

Chi sta meglio

La trattativa si preannuncia dunque difficile in particolare per gli allevatori che producono latte alimentare, quello destinato al consumo fresco. Va meglio per i produttori che conferiscono al mondo cooperativo, come nel caso del gruppo Granarolo, che ancora oggi paga il latte anche oltre 43 centesimi. Ancor più alti i compensi ricevuti dagli allevatori che producono per i due grandi formaggi Dop, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. Questi assorbono da soli circa la metà del latte prodotto in Italia. Ma il calo delle quotazioni di questi due formaggi finirà per fare sentire i suoi effetti anche sul prezzo del latte. Non resta che sperare nella rapida messa a punto degli strumenti previsti dal “Pacchetto latte”. Fra le sue pieghe troviamo non solo gli strumenti per favorire i contratti di compravendita, ma soprattutto i mezzi per tenere sotto controllo le produzioni di formaggi. E di questo c'è davvero un gran bisogno.

 

 

Pacchetto latte, siamo in ritardo

Le attese riposte sul Pacchetto latte rischiano tuttavia di andare deluse a causa dei ritardi italiani nel campo delle Organizzazioni dei produttori (Op), alle quali il regolamento europeo attribuisce un ruolo centrale, che si estende alle trattative sul prezzo del latte. In Italia sono presenti solo 18 Op che rappresentano appena il 10% del valore del latte italiano. Colpa, si dice, dei meccanismi che impongono alle Op di avere un fatturato di almeno un milione di euro e un tetto del 3% sulla produzione di latte della regione nella quale operano. Vincoli da rivedere per favorire una maggiore aggregazione dell'offerta, che anche nel campo del latte è la parola d'ordine alla quale ispirarsi.