Meglio passare dal proprio consulente finanziario prima di mungere le vacche. Perché il prezzo del latte potrebbe dipendere dall'andamento dei “futures”, dalle oscillazioni delle borse mondiali o dalle quotazioni del barile di petrolio. Per il latte, insomma, è iniziata la stagione della “volatilità”, come gli esperti di economia definiscono la variazione di un titolo rispetto al mercato di riferimento. In altre parole un su e giù dei prezzi che rende difficile fare previsioni, ma dove spesso i “giù” sono più frequenti dei “su”. E dove sono pochi gli strumenti per difendere le aziende. Se ne è parlato alla riunione del Gruppo di Alto Livello che la Commissione europea ha istituito negli ultimi mesi del 2009 per analizzare la complessità della crisi lattiero caseario europea. Sono oltre 400 i rappresentanti della filiera del latte che si sono incontrati a Bruxelles il 26 marzo per fare il punto sulla situazione e per tentare una previsione sui prossimi mesi, in attesa del termine, nell'aprile del 2015, del regime delle quote latte. I lavori, dal titolo “Quale futuro per il latte?” sono stati aperti dal Commissario all'Agricoltura, Dacian Ciolos, che ha tolto ogni dubbio, se mai ne esistevano ancora, escludendo ogni possibilità di un ripensamento sullo stop alle quote latte. Le quote, ha affermato Ciolos, non sono una risposta alla mutata fisionomia del mercato del latte della Ue, sempre più aperto ai mercati internazionali. Le quote hanno poi fallito uno dei loro obiettivi, che era quello di proteggere i piccoli allevamenti, che al contrario sono stati i primi a cadere sotto i colpi della crisi. Il no alle quote non significa però che non si debba mettere in atto una rete di sicurezza per proteggere gli allevatori dalle cadute del mercato. A iniziare dagli aiuti diretti che dovranno essere modificati, ma che continueranno ad avere un’importante funzione di sostegno delle aziende. Al contempo i produttori devono adattarsi ai mutamenti del mercato migliorando in efficienza e concorrenzialità. Indispensabile a questo proposito la ricerca di forme organizzative più ampie e forti. In questa direzione andranno gli interventi della Ue che nelle organizzazioni degli allevatori vede un mezzo per riequilibrare lo scarso potere negoziale dei produttori di latte. Alla fine di questo percorso si dovrà avere un mercato più equilibrato, con una filiera più trasparente, specie nella formazione del prezzo.

 

Crollo della redditività

Questi gli obiettivi, intanto però c’è da fare i conti con la riduzione dei margini di redditività delle aziende, crollati del 20% negli ultimi dieci anni secondo i dati resi noti da Copa-Cogeca.

Il prezzo delle quote latte in alcuni paesi della Ue (M. Van Driel)
  anno 2005

fine 2008

inizio 2009

fine 2009

inizio 2010

Germania 60 cent./kg 39 cent./kg 18 cent./kg
Olanda > 2 euro/kg 75 cent./kg 96 cent./kg
Danimarca 60 cent./kg 21 cent./kg 19 cent./kg
Belgio/Lussemburgo 85 cent./kg 88 cent./kg 93 cent./kg

Ed è necessario prepararsi al dopo quote, che non sarà indolore, nonostante si continui a parlare di “atterraggio morbido”. I primi effetti già si sono visti con il progressivo crollo del valore di compravendita delle quote. In Olanda, ad esempio, le quote valevano nel 2005 oltre due euro per chilo. Oggi le stesse quote valgono meno di un euro, nonostante l’Olanda sia ancora alle prese con esuberi produttivi. Ancora più basso il prezzo delle quote in Germania, dove sono quotate a circa 18 centesimi per chilo.

 

Proiezioni e previsioni

Le quote e il loro smantellamento rappresentano solo un tassello, anche se importante, del complicato puzzle del comparto lattiero caseario mondiale e delle tensioni che andranno a determinare nel prossimo futuro il livello dei prezzi. L’altro elemento chiave è l’evoluzione dei consumi. Sino a ieri si guardava alla Cina e all’India come mercati con forti capacità di sviluppo nel consumo di formaggi. Le proiezioni al 2019 sono propense a ritenere che a questo maggiore consumo farà eco un incremento della produzione locale non meno importante. Per trovare uno sbocco alle produzioni europee, anch’esse in crescita, sebbene in percentuali più contenute, gli esperti della Ue suggeriscono di guardare ad altri sbocchi, ad esempio al mercato russo e a quello egiziano per i quali si prevedono interessanti ritmi di crescita del consumo di prodotti caseari.

Il prezzo del latte alla stalla in alcuni Paesi europei (dati Clal)
anno Italia (Lombardia euro per 100 litril) Germania (Baviera - euro per 100 kg) Ungheria (euro per 100 litri) Rep. Slovacca (euro per 100 kg) Rep. Ceca (euro per 100 litri)
2002 35,13 30,89 29,78 22,41 26,36
2003 33,96 29,23 28,21 22,57 24,48
2004 33,83 28,32 24,98 23,19 25,28
2005 33,76 28,35 25,93 24,81 27,80
2006 32,07 28,04 24,22 25,26 27,56
2007 34,45 33,58 28,88 29,20 30,28
2008 39,48 35,66 32,73 32,52 33,79
2009 32,30 25,30 21,87 21,08 23,24
2010 33,16 27,10 24,87 25,83 26,40

Nel confronto sul mercato mondiale i prodotti europei dovranno fare i conti con le regole della concorrenza sancite negli accordi internazionali (Wto) e ai nuovi strumenti finanziari dei quali si avvale il commercio mondiale e in particolare i contratti di futures, prevalentemente utilizzati per commercializzare burro e latte in polvere. Oggi la componente “agricola” nella definizione di questi contratti è in pratica assente ed anche in questo campo si ha un difetto di trasparenza che contribuisce alla volatilità del mercato lattiero caseario.

 

Nuove formule per il prezzo

E’ a questi argomenti, trasparenza, regole del mercato e migliore organizzazione degli allevatori, che Jean-Luc Demarty (Direzione generale dell'Agricoltura e dello Sviluppo rurale della Commissione europea), si è ricondotto nel tracciare le conclusioni dell’incontro del Gruppo di Alto Livello. Altro punto nevralgico è il rapporto contrattuale fra produttori e trasformatori argomento sul quale arriveranno proposte per definire un nuovo quadro di riferimento.

In Italia si è discusso a lungo di agganciare il prezzo del latte a quello dei costi di produzione, con la proposta di mettere a punto un paniere di riferimento condiviso da allevatori e industrie del settore. A Bruxelles non se ne è fatto cenno, ma potrebbe essere una delle possibili soluzioni per realizzare la “rete di sicurezza” della quale ha parlato Ciolos e per dare ai meccanismi di formazione del prezzo quella trasparenza della quale tutti a Bruxelles si sono detti fautori. Ma che forse non piace a chi dalla trasparenza della filiera non ha nulla da guadagnare.