Non è sempre agevole interpretare i numeri che escono dalle rilevazioni statistiche. Prendiamo il caso degli andamenti del patrimonio bovino in Italia, i cui dati sono stati appena divulgati da Istat. Stando ai numeri, con il primo giugno del 2008 le stalle italiane hanno cambiato rotta e dopo anni di continua riduzione, ora hanno aumentato il numero dei bovini allevati. Siamo arrivati a quota 6,2 milioni di capi, con una crescita dello 0,8% rispetto a 12 mesi prima. Poca cosa, appena 47mila capi in più, ma quel che colpisce è l'inversione di tendenza. Verrebbe da pensare che per gli allevamenti di bovini sia cambiata l'aria, che le difficoltà di sempre siano superate, che il problema quote non sia più un assillo, che la prossima applicazione della direttiva nitrati sia ininfluente, che i mercati della carne e del latte stiano veleggiando con il vento in poppa. Niente di tutto ciò, anzi. Proseguendo nella lettura dei dati forniti da Istat emerge che all'aumento della consistenza fa eco un parallelo andamento delle femmine da macello da uno a due anni (+5,9%) e di quelle da macello oltre i due anni (+5,4%). A quanto pare le stalle si sono riempite e rapidamente svuotate, specie di vacche. Troppo latte vuol dire multe, meglio liberarsi degli animali in più.
Suini in calo
Più trasparente il dato sulla consistenza del patrimonio suinicolo che sempre l'Istat ha calcolato alla data del primo giugno 2008. La previsione che la lunga crisi del settorepotesse portare alla chiusura degli allevamenti si è avverata. Lo confermano i dati presentati da Istat e che indicano in 9,3 milioni il numero dei suini allevati, con un calo dello 0,7% rispetto all'anno precedente. Più in dettaglio, i suini di peso compreso fra 20 e
I mercati della carne suina, dopo gli interventi messi a punto anche dal ministero dell'Agricoltura, si sono ripresi negli ultimi mesi, ma il quadro complessivo resta pesante e non solo per il comparto suinicolo, ma più in generale per tutta l'agricoltura, zootecnia in testa, come evidenzia una recente indagine di Ismea.
Meno soldi per tutti
Nel terzo trimestre del 2008, anno iniziato peraltro con ottimi auspici per l'agricoltura, si è infatti registrata - come evidenzia Ismea - una contrazione dei prezzi percepiti dagli agricoltori, scesi di ben il 7,2% in soli tre mesi. E mentre i prezzi calavano e di molto, salivano anche i costi di produzione che nello stesso periodo hanno fatto registrare un più 1,1%, riducendo così i già esigui margini delle produzioni agricole. A rendere il quadro ancora più nero il dato sulla bilancia commerciale, con un saldo negativo che si è tradotto, in valore, in un più 10% di spese per l'acquisto dall'estero di prodotti agroalimentari. Per un'inversione di tendenza occorrerà presumibilmente attendere il superamento della attuale fase di stagnazione dei consumi, praticamente fermi sugli stessi livelli del 2007 (+0,2%).
Bene solo i polli
Per il comparto produzioni animali lo studio condotto da Ismea per il terzo trimestre 2008, segnala una flessione del 3% per bovini e bufalini. Flessioni per gran parte dovute all'aumento dei costi di produzione, che hanno accelerato i processi di chiusura delle stalle. Le stesse motivazioni possono essere individuate per la flessione (-1%) della produzione di latte, nonostante l'aumento del 2% della quota nazionale. Note positive invece dal comparto avicolo che sulla scia dei buoni risultati conseguiti nel 2007 dovrebbe chiudere il 2008 con un incremento delle produzioni.
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