Una nuova ricerca su glifosate nelle urine si unisce al ricco gruppo di esperienze precedenti. Più o meno coi medesimi risultati. Il lavoro è stato pubblicato su Environmental Science and Pollution Research con il titolo "Quantifable urine glyphosate levels detected in 99% of the French population, with higher values in men, in younger people, and in farmers".

Nello studio sono stati coinvolti 6.848 individui, la cui urina è stata analizzata alla ricerca di glifosate trovando il 99,8% dei campioni positivo all'erbicida. Mediamente, il valore dichiarato è stato di 1,19 ng/ml, con una variazione di più o meno 0,84 ng. Il valore massimo sarebbe stato cioè pari a 2,03 ng/ml.

In passato sono già state effettuate disamine su lavori simili, poiché la ricerca citata è solo l'ultima della serie. Per ora, ovviamente. Di fatto, e come consuetudine, i calcoli da seguire per stimare l'esposizione teorica dei soggetti monitorati devono basarsi sui seguenti criteri e nozioni:

  • percentuale di glifosate escreto con le urine: circa un terzo dell'ingerito (JMPR 2004 pag. 157);
  • volume giornaliero di urine: circa due litri al giorno;
  • valutazione dell'esposizione giornaliera per ingestione;
  • confronto con l'Adi di glifosate, pari a 0,5 mg/kg di peso corporeo al giorno.

 

Per chi ha fretta

  • Le concentrazioni di glifosate nelle urine, citate dallo studio, permettono di stimare un'assunzione teorica media pari a circa 7,14 µg/giorno (2,6 milligrammi l'anno).
  • Anche nel caso del valore massimo dichiarato nello studio, l'assunzione giornaliera teorica si può stimare in 12,18 µg/giorno (4,44 milligrammi l'anno).
  • La dose giornaliera di glifosate da ritenersi sicura per un uomo di 60 chilogrammi è pari a 30 mg/giorno, corrispondenti a 10,95 grammi l'anno.
  • Il confronto fra i dati permette di stimare che i soggetti sottoposti a test potrebbero aver ingerito una dose media di glifosate 4.200 volte inferiore alla dose ritenuta tossicologicamente sicura (Adi), con un valore 2.460 volte inferiore all'Adi anche considerando la concentrazione massima pubblicata.
  • Il metodo Elisa è rapido e permette di elaborare un gran numero di campioni a prezzi contenuti, ma non dà la medesima affidabilità di altri metodi di laboratorio basati sulla cromatografia. Il 99,8% di positività è quindi un dato che già di per sé solleva dubbi sul tema "falsi positivi", soprattutto pensando ai risultati alquanto differenti ottenuti da altre campagne di monitoraggio più estese nel tempo e svolte in un Paese come gli Stati Uniti ove gli usi di glifosate sono proporzionalmente molto superiori a quelli francesi. 

 

Per chi vuole approfondire

Partendo dal valore medio, si può stimare quanto segue.
Il valore di 1,19 ng/ml (miliardesimi di grammo per millilitro) rilevato nell'urina diviene 1,19 µg/L quando espresso in milionesimi di grammo per litro. Quindi, ammontano mediamente a 2,38 i microgrammi escreti adottando i due litri di urina come valore di riferimento giornaliero. Stima volutamente portata verso l'alto in ossequio all'approccio prudenziale che queste valutazioni impongono.

Ciò implica un'assunzione giornaliera per ingestione pari a circa tre volte tanto, ovvero 7,14 µg/giorno. Il resto (60-70%) viene infatti escreto tal quale con le feci senza nemmeno essere assorbito dall'intestino (JMPR 2004 pag. 157).

Tale valore va quindi rapportato all'Acceptable daily intake, cioè la dose giornaliera che può essere assunta di una sostanza attiva, espressa in milligrammi per chilo di peso corporeo. Una dose che va considerata sicura per la salute anche a fronte di esposizioni croniche di lungo periodo. Si ricorda infatti che la fissazione dell'Adi viene operata dividendo per 100 la dose che in laboratorio non ha prodotto alcun effetto nelle cavie, esposte queste per un lasso di tempo significativo (Noel: No Effect Level). Quindi, sintetizzando, l'Adi è pari a un centesimo di una dose risultata già di per sé innocua. L'Adi di glifosate è risultata pari a 0,5 mg/kg/giorno.


Stabilito ciò, proseguiamo con i calcoli.
Un individuo di 60 chilogrammi, peso di riferimento medio, può quindi assumere in sicurezza fino a 30 milligrammi al giorno di glifosate, derivante dalla moltiplicazione 0,5 mg/kg x 60 kg. Esprimendo in milligrammi per chilo di peso corporeo l'assunzione orale, stimata in base ai risultati analitici francesi, si ricava un valore medio complessivo di 0,0071 mg/giorno. In sostanza, l'ingestione media giornaliera di glifosate sarebbe pari a solo lo 0,024% dell'ADI. Esprimendolo in altro modo, il dato analitico medio corrisponde a un livello 4.200 volte inferiore a quanto la tossicologia confermi essere sicuro. O, ancora, il dato riscontrato si posiziona 420mila volte al di sotto del Noel, ovvero il No Effect Level ravvisato in laboratorio.

I dati pubblicati possono essere utilizzati anche per stimare l'esposizione annua dei soggetti analizzati. Un calcolo che appare alquanto semplice da svolgere, bastando moltiplicare per 365 giorni i 7,14 µg/giorno. Annualmente si ricava quindi 2,6 milligrammi l'anno. Un valore superiore del 260% ad altre stime già effettuate in passato, come quella del Rancho Bernardo Study, il più corposo lavoro di monitoraggio nel tempo di glifosate nelle urine. In esso si evince un'ingestione media annua di 0,98 milligrammi, ricavabile dai monitoraggi pluriennali sviluppati negli Stati Uniti, ove gli usi di glifosate sono proporzionalmente molto più elevati rispetto a quelli europei a causa dell'impiego dell'erbicida anche su colture geneticamente modificate.

 

E con i valori massimi?

Anche considerando il valore massimo riportato dallo studio francese, pari come detto a 2,03 ng/ml, si arriva a punte teoriche di assunzione annua pari a 4,44 milligrammi, contro i 10.950 milligrammi ammessi dall'Adi di glifosate, altrettanto su base annua. Un valore, quello massimo francese, che stalla quindi su livelli 2.466 volte inferiori alla soglia di sicurezza tossicologica. Gli individui sottoposti a test vanno quindi considerati in piena sicurezza anche in caso si prendano in considerazione i picchi massimi riportati nella ricerca transalpina.

Ancora: dal Rancho Bernardo Study si evince un dato massimo annuo pari a 1,2 milligrammi, ovvero un valore di quasi quattro volte inferiore a quello francese. Peraltro, la positività a glifosate è cresciuta nel tempo, da un minimo del 12% (quadriennio 1993-1996), al 30% (1999-2000), 43% (2001-2002), 38% (2004-2005) e 70% (2014-2016). Mai si è quindi ravvisata una percentuale di positività prossima al 100%, come dichiarato nello studio francese. Il tutto, pensando che gli usi di glifosate sono cresciuti negli USA di circa 15 volte nel periodo considerato. Un forte aumento dovuto, come detto, all'espansione delle colture modificate per divenire resistenti a glifosate, la cui semina ha preso inizio solo nel 1995.

Leggi: Charles M. Benbrook (2016): "Trends in glyphosate herbicide use in the United States and globally". Environ Sci Eur. 2016; 28(1)

 

Conclusioni

Prima conclusione
Le concentrazioni urinarie di glifosate non rappresentano per la salute umana alcun rischio degno di attenzione, anche considerando il valore massimo citato nello studio.

Seconda conclusione
Il metodo Elisa impiegato nello studio ha sollevato in passato il sospetto di generare falsi positivi, tutti nell'ordine dei pochi nanogrammi, appunto. Un'evidenza riscontrabile per esempio da alcune analisi delle urine cui si sono volontariamente sottoposti alcuni agricoltori francesi, stanchi di essere criminalizzati per l'utilizzo di glifosate nei propri campi. Circa metà di loro risultò negativa quando l'analisi venne effettuata adottando altri metodi analitici, come per esempio la cromatografia. Inoltre, anche i campioni risultati positivi si dimostrarono circa 11 volte inferiori ai dati pubblicati in altri studi, prodotti appunto con il metodo Elisa.

Terza conclusione
Quanto sopra lascia quindi aperte profonde perplessità perfino sull'affidabilità stessa di quelle concentrazioni pubblicate. Soprattutto considerando che il valore di 99,8% di positività è decisamente alto, giacché su 6.848 individui vi possono essere diversità enormi in termine di stili alimentari. Pensare che solo lo 0,2% di soggetti fosse esente da glifosate è cioè un dato che fa sollevare il sopracciglio in preda a pesanti dubbi. Uno scetticismo corroborato appunto dai risultati molto diversi ottenuti sempre in Francia con metodi analitici differenti, ma anche e soprattutto dal succitato Rancho Bernardo Study, in cui a fronte di usi molto più massicci di glifosate non si è mai superato il valore del 70% di positività, per giunta con valori assoluti molto inferiori a quelli francesi in termini di concentrazioni.