Lo scorso 8 febbraio un gruppo di trenta Ong ambientaliste capeggiato da Transport & Environment (T&E) ha inviato alla Commissione Europea una lettera chiedendo l'abolizione degli incentivi alla produzione di biodiesel di soia. Motivo: secondo gli ambientalisti i biocarburanti a base di soia sarebbero la causa della deforestazione dell'Amazzonia ed emetterebbero più anidride carbonica dei combustibili fossili.

 

La pressione ambientalista sulle istituzioni europee è un fenomeno di lunga data: già la Corte dei Conti Europea aveva pubblicato il 13 dicembre 2023 la relazione speciale dal titolo "Il sostegno dell'Ue ai biocarburanti sostenibili nei trasporti. Una strada incerta". Il documento di sessantasei pagine analizza criticamente l'efficacia delle politiche europee in materia di incentivazioni ai biocarburanti, che sintetizza in tre raccomandazioni, tutte e tre accettate dalla Commissione Europea. Niente di cui stupirsi, perché nel frattempo la Red II che si intendeva criticare con il suddetto rapporto speciale è stata rimpiazzata con la Red III e la banca dati europea per la tracciabilità dei biocarburanti è diventata operativa il 15 gennaio 2024. Quindi, almeno in teoria, la trasparenza sulle percentuali delle materie prime dovrebbe essere garantita.

 

A che pro, dunque, questo apparente battibecco istituzionale? Apparentemente, le indagini della Corte dei Conti Europea sono scaturite dopo la votazione dell'Europarlamento del 13 luglio 2022 - emendamento 134 proponendo l'eliminazione degli oli di palma e di soia dalla lista delle materie prime ammesse per la produzione di biocarburanti aeronautici sostenibili. Forti di tale risoluzione, le Ong ambientaliste hanno chiesto di estendere a tutti i biocarburanti l'eliminazione definitiva della soia (e anche dell'olio di palma) dall'elenco di materie prime ammesse.

 

La Ong T&E afferma nel suo comunicato stampa di dicembre 2023 che l'olio di soia consumato dall'industria dei biocarburanti europei sarebbe una delle cause principali di deforestazione dell'Amazzonia. Nelle reti sociali c'è invece chi accusa i vegani, argomentando che la produzione di tofu richiede più soia di quanta ne consumi l'industria del biodiesel.

 

Come stanno davvero le cose? Abbiamo già analizzato in altri due articoli ("Guerra in Ucraina e rincaro del pane: colpa del bioetanolo?" e "La guerra in Ucraina e l'ideologia ecologista no biodiesel") le tattiche mediatiche di T&E, caratterizzate da "mezze verità" raccontante in modo allarmistico o manipolatorio, e le informazioni provenienti da indagini di mercato realizzate da società private, non accessibili al pubblico e quindi non verificabili. Nel caso di cui ci occupiamo ora, il comunicato stampa menzionato prima inizia affermando: "Tra il 2015 e il 2022 il consumo di biocarburanti a base di soia è quintuplicato nell'Unione Europea e sono il secondo biocarburante più economico sul mercato". Possiamo verificare se tale affermazione sia vera attingendo alla fonte ufficiale più attendibile in questo campo, il database statistico della Fao (Foto 1).

 

Grafico: Importazioni di olio e granella di soia

Foto 1: Importazioni di olio e granella di soia

(Fonte foto: Dati ufficiali Fao, rilevati dall'autore il 28 gennaio 2024)

 

Si osserva che le importazioni di olio sono pressoché costanti, con un aumento netto di solo il 40% dal 2015 al 2022. Salta alla vista il fatto che il volume d'importazione di granella di soia è da quattordici a diciotto volte quello dell'olio, ma rimane comunque abbastanza stabile nel periodo di riferimento, con solo il 10% di aumento netto dal 2015 al 2022. Quindi, non è neanche possibile ipotizzare che i produttori europei abbiano aumentato la produzione di olio direttamente nel territorio europeo, per poi convertirlo in biodiesel.

 

Forse la Ong si riferiva all'importazione di biodiesel da olio di soia? Tale dato è difficile da verificare perché l'Eurostat registra e pubblica le importazioni totali, a prescindere dalla materia prima di provenienza del biodiesel. Vediamo comunque i dati aggregati (Foto 2).

 

Grafico: Importazioni di biodiesel nell'Ue-27

Foto 2: Importazioni di biodiesel nell'Ue-27

(Fonte foto: Dati Eurostat rilevati dal database interattivo il 28 gennaio 2024)

 

Si osserva che le importazioni totali di biodiesel sono effettivamente raddoppiate nel periodo in questione, ma non quintuplicate. La fonte dei dati che T&E cita per la Foto 1 del suo rapporto è "Oil World and EU Comext", senza ulteriori chiarimenti su quale documento in concreto. Orbene, Oil World GmbH è una società privata di indagini di mercato e quindi i dati sono solo accessibili a pagamento; Comext invece è il database di statistiche economiche della Commissione Europea. È probabile che, basandosi su due fonti, gli attivisti della Ong abbiano conteggiato doppiamente alcune partite.

 

Bisogna prendere atto che è impossibile risalire con precisione al mix di materie prime utilizzate per la produzione europea di biodiesel o per il biodiesel importato. Questa è una delle critiche principali della Corte dei Conti Europea alla Commissione Europea sulla mancanza di trasparenza.

Secondo Fediol, l'Associazione Europea dei Produttori di Olio di Semi, la percentuale di olio di soia utilizzata per produrre biodiesel è all'incirca uguale a quella immessa nel mercato alimentare e a quella consumata dal settore mangimistico (Foto 3).

 

Ripartizione uso dell'olio di soia nell'Ue-27, 2020

Foto 3: Ripartizione uso dell'olio di soia nell'Ue-27, 2020

(Fonte foto: Fediol, stime relative alla situazione nel 2018. Traduzione in italiano e adattamento grafico dell'autore)

 

Come ultima verifica, ammesso e non concesso che T&E abbia accesso ad informazioni riservate e che i valori pubblicati nel suo comunicato stampa (pagina 2 Foto 1) siano accurati, l'autore ha incrociato tali dati con quelli delle importazioni totali di biodiesel rilevati dell'Eurostat. Stando alle dichiarazioni della stessa T&E, le importazioni di biodiesel di soia sono state pressoché nulle nel 2015 e 2016, hanno raggiunto il 19% nel 2018, per attestarsi stabilmente attorno all'11% negli anni successivi.

 

Quindi, l'affermazione che il consumo di biodiesel di soia sia quintuplicato nel periodo 2015-2022 sembra un tentativo manipolatorio, perché il dato di partenza è molto piccolo. Il fatto è che la produzione europea e le importazioni di biodiesel di soia nel 2015 erano pressoché irrilevanti, ma la loro incidenza nel mix totale di biocarburanti consumati nell'Unione Europea (Ue) rimane comunque irrilevante anche nel 2022.

 

Bisogna considerare inoltre un fattore che T&E sembra aver tralasciato: non tutto il biodiesel o l'olio di soia importato nell'Ue proviene dall'Amazzonia. Il rapporto della IDH sul consumo europeo di soia proveniente da coltivazioni sostenibili (1) fornisce ulteriori elementi di giudizio in questo senso. IDH è una agenzia per la cooperazione allo sviluppo che aderisce agli obiettivi globali dell'Onu, finanziata dai Governi danese e svizzero, da fondazioni filantropiche e associazioni di categoria, con sede a Utrecht (NL) e uffici in diversi Paesi in via di sviluppo. In sostanza, il 40% della soia consumata in Europa diretta o indirettamente (cioè carne di animali allevati all'estero con soia coltivata in loco) proviene da coltivazioni certificate, che non hanno causato alcun tipo di deforestazione. A tale percentuale dovremmo aggiungere anche la quota di soia che comunque non è stata causa di deforestazione, ma che non è possibile conteggiare con certezza, appunto perché risulta priva di certificazione.

 

Avendo dunque accertato da fonti attendibili che il volume di importazioni maggiore riguarda la granella di soia, che le importazioni di biodiesel di soia rappresenterebbero percentuali attorno all'11% del totale consumato e che meno di un terzo dell'olio di soia prodotto o importato viene trasformato in biodiesel nel territorio europeo, sorge spontaneo domandarsi fino a che punto possa essere fondata la campagna delle Ong ambientaliste contro le politiche europee a favore dei biocarburanti, affermando che questi sarebbero la causa principale della deforestazione dell'Amazzonia.

 

Tutto sembra indicare che la soia venga utilizzata principalmente ad uso alimentare umano o mangimistico. La Foto 4 mostra i risultati pubblicati in un articolo di Our World in Data (2), il quale si basa a sua volta su una lunga lista di studi pubblicati in riviste scientifiche e dati da fonti ufficiali. Si osserva che solo il 4% di tutta la produzione mondiale di soia viene destinato ad usi industriali, di cui solo il 2,8% è biodiesel. Il 76% è destinato ad alimentazione animale, essendo questo dato il principale argomento dei vegani contro il consumo di carne. Da osservare inoltre che la produzione di tofu, tempeh e bevande di soia rappresenta il 6,9% del consumo globale, più del doppio della produzione di biodiesel. Si tratta però di cifre globali; ricordiamo che il Brasile produce solo un terzo della soia mondiale - e non tutta nell'Amazzonia! - e che i principali consumatori di tofu e tempeh sono i popoli asiatici, non i vegani europei. Quindi, anche la controaccusa agli ambientalisti è priva di fondamento.

 

Grafico: The world's soy: is it used for food, fuel, or animal feed?

Foto 4: The world's soy: is it used for food, fuel, or animal feed?

(Fonte foto: Our World in Data, articolo già citato. Traduzione e adattamento grafico dell'autore)

 

Infine, è un dato di fatto che la coltivazione di soia non è la prima causa della deforestazione amazzonica. Il Governo brasiliano ha emanato delle leggi in merito che hanno fermato in parte la conversione di foreste in campi di soia. Purtroppo la deforestazione continua, ma per altri motivi: l'estrazione di legname pregiato, l'allevamento, gli incendi e le alluvioni e la pratica dell'agricoltura in piccoli appezzamenti (Foto 5).

 

Grafico: Cause della deforestazione dell'Amazzonia

Figura 5: Cause della deforestazione dell'Amazzonia

(Fonte foto: Our World in Data, articolo già citato. Traduzione e adattamento grafico dell'autore)

 

Considerazioni finali

Le campagne ideologiche delle Ong ambientaliste, di cui T&E è forse la più aggressiva, hanno portato l'opinione pubblica, e di rimbalzo anche una parte dell'Europarlamento, a credere che l'utilizzo dei biocarburanti in Europa sia la principale causa di deforestazione amazzonica. I dati obiettivi dimostrano che non è così. La Commissione Europea, pur accettando le critiche mosse dalla Corte dei Conti Europea, non ha bandito i biocarburanti di prima generazione con l'entrata in vigore della Red III e si riserva di rivedere le politiche solo se dovesse essere necessario.

Leggi anche Biocarburanti Vs e-fuel: cosa dice veramente la Red III

La risposta alla raccomandazione 2) b) recita: "La questione della natura del limite al contributo di biocarburanti prodotti a partire dalle materie prime elencate 6 nell'allegato IX, parte B, sembra pertinente in tale contesto. Tuttavia, sebbene in questa fase non possa impegnarsi a svolgere una potenziale revisione futura della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili, la Commissione valuterà se, nell'ipotesi di una futura revisione della legislazione pertinente, debba essere applicata una limitazione e, in caso affermativo, come si potrebbe procedere in tal senso".

 

Per ora, dunque, la produzione di biocarburanti rimane nei limiti della vecchia Red II. Ciò che prevede la Red III sono piuttosto dei meccanismi di controllo e conteggio più efficaci per garantire con assoluta certezza che le materie prime utilizzate non siano causa di deforestazione, e la messa a punto di un database molto più largo di possibili materie prime non alimentari.

 

Bibliografia

(1) IDH et al (2023), European Soy Monitor; Insights on European uptake of certified, responsible, deforestation, and conversion-free soy in 2021; September 2023. Prepared by Schuttelaar & Partners: the Hague, the Netherlands.

(2) Hannah Ritchie (2021) - "Is our appetite for soy driving deforestation in the Amazon?" Published online at OurWorldInData.org.