Sono in pochi a conoscere il nome di Nazareno Strampelli. Eppure questo agronomo e genetista vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento (1866-1942) ha gettato le basi della rivoluzione verde che ha interessato l'Occidente nel dopoguerra.
Ad egli infatti è dovuto un balzo in avanti nel miglioramento genetico del grano, le cui rese sono aumentate grazie proprio alle nuove varietà selezionate.

Per celebrare il 150esimo anniversario della sua nascita si è svolto a Bologna, presso l'Istituto di Agraria, il convegno "Dal genio ai geni: l'eredità di Nazareno Strampelli - Il sequenziamento del frumento duro per una cerealicoltura più ecosostenibile e competitiva", alla presenza dell'assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna Simona Caselli e del prorettore alla ricerca dell'Università di Bologna Antonino Rotolo.

Durante il ventennio fascista Benito Mussolini lanciò la 'battaglia del grano', un grande sforzo nazionale per aumentare le produzioni del cereale. La ricerca di Strampelli aiutò enormemente gli agricoltori a produrre di più, ma se la priorità dell'agronomo marchigiano era la produttività, nel ventunesimo secolo la ricerca deve rispondere ad altre necessità.

"L'agricoltura deve essere in grado di produrre di più, con meno. La popolazione mondiale cresce e le terre arabili sono in diminuzione, senza contare i cambiamenti climatici. Ho visitato la California da giovane e ci sono tornata poco tempo fa. Era irriconoscibile dopo due anni di siccità", spiega l'assessore Caselli.
"L'innovazione è tutto. Per questo come Regione abbiamo investito 50 milioni di euro in ambito Psr nella ricerca, perché è dalla ricerca che giungeranno le risposte alle sfide del secolo".

Strampelli individuò nuove metodologie di incrocio per selezionare varietà produttive, di taglia bassa, resistenti all'allettamento e precoci per sfuggire al caldo e alla siccità estiva degli areali del Sud Italia.
"Tra i progenitori delle varietà di grano che oggi coltiviamo in Australia troviamo quelle selezionate da Strampelli", racconta Peter Langridge, dell'Università di Adelaide. "Oggi con gli strumenti di analisi e manipolazione dei geni che abbiamo a disposizione possiamo davvero arrivare ad avere un grano perfetto: produttivo, resistente alle malattie e agli insetti, inallettabile e tollerante alla siccità".

La svolta passa proprio dalla mappatura del genoma del grano duro su cui l'Italia sta lavorando all'interno di un progetto internazionale coordinato da Luigi Cattivelli del Crea, con la partecipazione del Cnr, delle Università di Bologna e di Udine e di ricercatori di Canada, Germania, Israele e Stati Uniti.
Del lavoro del consorzio internazionale ne avevamo già parlato proprio su AgroNotizie con una intervista a Cattivelli. Dopo il sequenziamento, già ultimato, il genoma del frumento duro, quattro volte più complesso di quello umano, sarà studiato a fondo per identificarne i geni (stimati in circa 80mila) e le loro funzioni.

Michael Keller, dell'International seed federation, ha delineato le sfide che i ricercatori dovranno affrontare: "Nel 2050 dovremo aver aumentato la produzione del 38% rispetto ai livelli del 2007. E dovremo rispondere a minacce importanti, come i cambiamenti climatici, il calo della fertilità del suolo, la diffusione di nuove malattie. La ruggine gialla si sta già espandendo velocemente".

Conoscendo esattamente il genoma del grano duro sarà possibile intervenire per creare nuove varietà adatte a fronteggiare le sfide del millennio.
La parola chiave è innovazione, ma anche certezza legislativa. Già, perché mentre negli Usa la manipolazione genetica può essere impiegata liberamente, in Europa oltre ad una chiusura nei confronti degli Ogm c'è una incertezza sulle nuove tecnologie, come la cisgenesi e il genome editing. Tecniche che permettono di ottenere piante in maniera 'naturale', velocizzando e rendendo più precisi processi che si potrebbero avere con i classici incroci.

"La produzione mondiale complessiva di frumenti è di 726,5 milioni di tonnellate, a cui l'Unione europea contribuisce per il 34%", ha dichiarato Keller.
"Secondo le stime Fao, il frumento è la coltivazione che ha fatto registrare i maggiori incrementi nelle rese produttive tra le principali specie agrarie con una crescita del 143% tra il 1961 e il 2007, davanti a mais (+138%), riso (+110%) e soia (104%)".
Uno dei player più attivi è la Cina, che sta investendo milioni nella selezione di ibridi di frumento.

Sarà il Crea l'istituto al centro della rivoluzione genetica in Italia (ne abbiamo parlato in questo articolo). L'ente pubblico ha infatti ricevuto mandato dal Parlamento di promuovere un piano di ricerca per andare verso una Agricoltura 2.0.
Si parla di agricoltura di precisione, bioinformatica e biotecnologie. Oggetto di studio saranno le colture importanti per l'Italia il cui genoma verrà mappato (se non lo è già), ma soprattutto le informazioni verranno utilizzate per il miglioramento genetico.
"L'agroalimentare italiano ha un valore economico enorme", spiega Cattivelli, "ma è paradossale che le varietà su cui basiamo le nostre produzioni abbiano una genetica estera".

Anche i consumatori avranno vantaggi diretti. "La comprensione del genoma del frumento ci mette nelle condizioni di studiare il glutine, che è una proteina fondamentale per l'alimentazione e per la produzione di alimenti. Senza il glutine non ci sarebbe lievitazione e la pasta si scioglierebbe in acqua", spiega Aldo Ceriotti, del Cnr.
"In futuro potremmo avere cibi più buoni e persino essere in grado di dare una risposta a quanti oggi soffrono di celiachia e non possono mangiare alimenti contenenti glutine".