Si sta parlando da diverse settimane di porre un tetto al prezzo del gas, da alcuni giorni si chiede (almeno in Italia) di fissare una soglia massima per la benzina, ma nessuno ha messo sul piatto - è il caso di dire - l'ipotesi di porre un tetto ai prezzi del grano. Strano mondo.

 

L'idea di fissare un price cap è una contraddizione, per non dire un abominio in un'economia di libero mercato, in cui sono domanda e offerta a governare i listini. Però l'approccio asimmetrico converrete che è lampante: può essere proposto un tetto al prezzo del gas e al carburante, ma non a grano, mais, cereali e semi oleosi, che rappresentano il "carburante" per uomini e allevamenti zootecnici.

 

Da anni la Fao ci martella con i dati sullo stato di denutrizione/iper nutrizione del Pianeta. E lo fa correttamente, così come sta facendo ormai settimanalmente da almeno tre mesi a questa parte, denunciando i rischi di carestie, rivolte sociali, pressioni migratore.

 

Ecco, forse l'autorevolezza della Fao, che vede oggi nell'ex ministro Maurizio Martina un esponente particolarmente impegnato, potrebbe servire per suggerire di porre un tetto ai prezzi delle derrate alimentari. Non sono da definire semplicisticamente commodity, quando invero rappresentano un elemento essenziale dell'assunzione delle calorie giornaliere per qualche miliardo di persone. Si tratta di cibo e di cibo indispensabile per miliardi di persone.

 

Di recente si è riunito il G7 straordinario sull'Agricoltura, lo scorso settembre Firenze ha ospitato sotto la presidenza italiana il G20 dell'Agricoltura. La questione alimentare, fra impossibilità di esportare grano dall'Ucraina a causa della guerra e boom dei prezzi, è stata affrontata anche ad altri livelli, dalla Commissione Ue a Davos. Dove sono i vari Bill Gates e tutti gli altri guru dal tocco magico ad accumulare miliardi, oggi riciclatisi a benefattori del Pianeta?

 

La domanda non ha intento polemico, ma solo provocatorio. Ripetiamo: i mercati liberi devono rimanere tali e un ritorno alla sovietizzazione dei prezzi è antistorico, ma continua a frullarci la domanda: è possibile che non ci abbia pensato nessuno? Qualcosa non torna.

 

Quella di ipotizzare un tetto provvisorio ai prezzi delle materie prime agricole potrebbe essere, naturalmente prevedendone gli effetti positivi e negativi, una soluzione lampo, almeno per arrivare a consegnare il grano innanzitutto ai Paesi in sofferenza alimentare. Ma i temi legati alla food security sono ben altri.
I veri punti di un rilancio della produzione agricola per migliorare la sicurezza alimentare a livello mondiale devono partire da alcuni fattori ineluttabili: l'aumento delle rese in campo, la capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici, la capacità di sviluppare le colture utilizzando meno input dall'acqua ai fertilizzanti, un allungamento della shelf life. E poi, estendendo il piano di azione all'intera catena di approvvigionamento, l'attenzione deve cadere assolutamente sul miglioramento dell'efficienza, la riduzione degli sprechi, il contenimento dell'impatto ambientale e dei costi di produzione.

 

Accanto alla ricerca, servono visioni e strategie comuni, regimi fiscali e normativi uniformi, almeno sul piano comunitario. Deve valere per la ricerca e l'innovazione tecnologica, per le Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea), per la difesa delle imprese strategiche, per le energie rinnovabili, per l'approccio al Green Deal (che le recenti peripezie al Parlamento Europeo hanno depotenziato, se non ridicolizzato).

 

Se vogliamo puntare sulla ricerca e l'innovazione, dalla genomica alle Tea fino all'innovazione digitale dobbiamo lavorare per eliminare ostacoli normativi e burocratici, chiedendo alla scienza di continuare ad essere rigorosa e trasparente.

 

Dopo la pandemia e ora con la guerra sarà necessario ripensare il modello produttivo e, parallelamente, studiare nuovi modelli economici per una globalizzazione che deve essere riveduta e corretta, superando tutte quelle criticità che hanno reso estremamente fragile il sistema economico mondiale. Ma ora si pensi a come far arrivare il grano alle economie più fragili, per non creare ulteriori esasperazioni. Deve finire il tempo dell'economia "disumana".