L'agricoltura amica dell'ambiente
È un articolo a firma di Maurizio Martina, oggi vicedirettore della Fao e in passato ministro per le Politiche agricole, quello pubblicato sul "Corriere della Sera" del 15 novembre per affrontare un tema importante, quello del rapporto fra crisi climatica e crisi alimentare.
L'aumento delle temperature, esordisce l'articolo, sta impattando sui sistemi agricoli e le conseguenze si vedono sui prezzi delle materie prime.
Se l'agricoltura non si adatterà alle nuove condizioni climatiche, si andrà incontro a una riduzione delle produzioni, che potrebbero calare anche del 25% entro la fine di questo secolo.
Quali le soluzioni? Anzitutto investendo su un nuovo rapporto tra agricoltura, alimentazione e ambiente, puntando a una riduzione dei consumi.
Nessuna omologazione globale dei gusti e degli orientamenti alimentari, semmai la tutela della diversità delle diverse agricolture, da accompagnare in questi nuovi contesti con innovazioni orientate alla massima sostenibilità.
Gli esempi, si legge nell'articolo, non mancano, dall'agricoltura di precisione ai sistemi di allerta, sino alla riduzione degli scarti.
Altro capitolo importante è quello del cosiddetto sequestro di carbonio per catturare l'anidride carbonica rimuovendola dall'atmosfera.
Compito che può essere svolto con efficacia dell'agricoltura di precisione alla quale affidare anche un efficiente uso dell'acqua e una migliore gestione dei nutrienti del suolo.
Un percorso tutt'altro che semplice, che richiede importanti costi, che devono essere resi sopportabili a tutti e non solo per pochi.
Questione di "agribusiness"
Sta destando sempre maggiore interesse l'agricoltura e più in generale l'agroalimentare come occasione di investimento economico.
L'argomento è affrontato da Daniela Russo sulle pagine de "Il Sole 24 Ore" dell'11 novembre in un'intervista con Mauro Bruni, presidente di Arte, Società di Consulenza e Analisi Economiche.
Che in questo settore ci sia un certo fermento lo dimostra il rilevante numero di operazioni portate a termine nei vari comparti di riferimento, fra questi quello degli investimenti in terreni e in imprese agricole.
Investimenti di un certo rilievo si stanno registrando nell'impianto di coltivazioni di kiwi, di noci e di oliveti ad alta densità, mentre emerge un certo interesse per le nuove tendenze come la coltivazione di avocado in Sardegna e Calabria.
Una certa complessità, si legge nell'articolo, è quella che regna per il settore dei vigneti e del vino per la sua eterogeneità.
Dinamicità si riscontra nel segmento delle energie rinnovabili con impianti fotovoltaici e di biometano, sui quali possono tornare interessanti le direttive del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come pure gli orientamenti europei tratteggiati nel Green Deal.
Poi il grande capitolo dell'industria alimentare, che vive un momento di grande vivacità e che a parere dell'intervistato è un comparto con aziende scalabili, con produzioni e ricavi in crescita, proiettate verso l'export.
L'interesse degli investitori, conclude l'articolo, non trascura i produttori di macchine agricole, di impianti per la lavorazione della frutta, di fertilizzanti e di tecnologie innovative.
L'agricoltura nella legge di Bilancio
Sono numerosi gli aspetti d'interesse agricolo contenuti nella legge di Bilancio per il 2022, sui quali si sofferma l'articolo firmato da Ermanno Comegna per "Italia Oggi" del 17 novembre.
Si parte prendendo in esame le risorse destinate alla gestione del rischio, che assommano a 940 milioni di euro.
Di questi, 690 milioni sono destinati al fondo mutualistico nazionale e 250 alle assicurazioni agevolate.
Si passa poi alle misure fiscali, a iniziare dall'esenzione Irpef dei redditi dominicali e agrari per il 2023.
Si prosegue con la decontribuzione per i coltivatori diretti e per gli imprenditori agricoli, che viene prorogata a tutto il 2022, ma solo per chi ha un'età inferiore ai 40 anni.
Per gli allevamenti c'è la conferma del regime Iva speciale, con una compensazione incrementata al 9,5% per bovini e suini.
In favore dei distretti del cibo è previsto un finanziamento di 120 milioni di euro.
Rientrano in questo ambito gli incentivi alla produzione e commercializzazione di mais, leguminose, soia e cereali.
Un capitolo a parte è dedicato ai fondi destinati a Ismea, che dispone di 80,5 milioni di euro, 50 dei quali finalizzati a sostenere le attività di "Ismea Investe", al quale ci si potrà rivolgere sino al 14 gennaio 2022.
L'articolo si conclude ricordando alcuni degli altri strumenti gestiti da Ismea, fra i quali l'incentivazione delle imprese agricole a conduzione femminile o quelle gestite da giovani agricoltori.
Campi resilienti
"Il Sole 24 Ore" del 18 novembre ha raccolto in un suo supplemento, emblematicamente intitolato "Leader della crescita", gli esempi delle aziende e dei settori che più di altri si sono evidenziati per la crescita o per l'originalità delle soluzioni attuate.
All'agricoltura è dedicato un articolo firmato da Giorgio dell'Orefice, per raccontare come questo settore sia riuscito, nonostante la crisi sanitaria, a mettere in luce le proprie doti di resilienza.
Le aziende agricole, si legge nell'articolo, hanno dimostrato grande capacità di adattamento al rapido mutamento dei protocolli sanitari che via via si andavano attuando per contrastare l'avanzata della pandemia.
Grande capacità di adattamento è stata dimostrata anche nell'individuare nuovi sbocchi di mercato.
Molti produttori, in particolare del settore del vino, sono stati stimolati dall'emergenza sanitaria nel recuperare i ritardi accumulati sul fronte del commercio elettronico, sviluppando le vendite lungo questo canale.
Anche i segmenti che hanno dovuto affrontare le maggiori difficoltà, fra questi il settore florovivaistico a causa del prolungato stop alle cerimonie, stanno ora recuperando gli spazi perduti, analogamente a quanto accade per gli agriturismi, certamente da annoverare fra i segmenti penalizzati dal lockdown.
Carne Frankestein
La carne sintetica è una solenne fregatura sotto tutti punti di vista.
Inizia così l'articolo di Attilio Barbieri sulle pagine di "Libero" del 19 novembre, demolendo a uno a uno tutti gli ipotetici vantaggi che si avrebbero nel sostituire gli allevamenti con i laboratori per la produzione di proteine.
Citando alcune ricerche della Oxford Martin School, l'articolo evidenzia che la produzione di carne in laboratorio non è salutare, richiede tanta acqua e non offre vantaggi nel combattere il cambiamento climatico.
Non è neppure carne, ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato, in sostanza un prodotto artificiale presentato con abili strategie di marketing.
Mancano anche le certezze, si legge ancora nell'articolo, che tutti i processi chimici necessari per la coltivazione cellulare siano sicuri per il consumo alimentare.
Si parla anche dell'impiego di acqua, che sarebbe di gran lunga superiore a quello necessario in un allevamento tradizionale, producendo peraltro enormi quantità di molecole chimiche e organiche i cui residui sono altamente inquinanti per le stesse risorse idriche.
Dietro ai ripetuti e infondati allarmismi sulla carne rossa, si legge in conclusione dell'articolo, c'è una precisa strategia delle multinazionali che con un abile informazione tende a modificare gli stili alimentari fondati su qualità e tradizione.
Piano strategico in scadenza
La fine dell'anno si avvicina rapidamente e anche l'Italia, come tutti i paesi dell'Unione Europea, dovrà inviare alla Commissione Europea il Piano Strategico Nazionale per l'attuazione della nuova Politica Agricola Comune (Pac).
Come ricorda Alessio Romeo su "Il Sole 24 Ore" del 20 novembre, agli Stati membri è lasciata ampia flessibilità sulla gestione delle risorse comunitarie, pari complessivamente a 60 miliardi annui, 5 miliardi dei quali destinati all'Italia.
Molti i punti ancora da definire, a iniziare dalle misure ambientali, alle quali è destinato il 25% degli aiuti, sino ai vincoli massimi di spesa per le grandi aziende e poi il fondo di ridistribuzione dei sostegni per la convergenza interna degli aiuti.
Completa il quadro la predisposizione dei singoli piani regionali di sviluppo rurale.
La partita è più complicata rispetto al passato per via della contrazione degli aiuti, ridotti del 15%.
Un taglio al quale si somma il vincolo del 25% riservato alle misure ambientali e poi il 3% destinato rispettivamente ai giovani e al fondo mutualistico.
I margini di manovra entro i quali muoversi sono dunque stretti, ma occorre stringere i tempi visto che Bruxelles ha già escluso la possibilità di prorogare i termini oltre il 31 dicembre.
I record del pomodoro
La campagna del pomodoro da industria si era chiusa fra non poche incertezze, prima il clima caldo che ha portato a maturazione contemporaneamente tutta la produzione o quasi, poi la carenza di manodopera per il raccolto.
I timori della vigilia sono però stati fugati dai risultati finali dei quali scrive Carlo Ottaviano sulle pagine de "Il Messaggero" del 21 novembre.
Si apprende così che la campagna di raccolta del 2021 si è chiusa con il raggiungimento di nuovi record, grazie alla produzione di sei milioni di tonnellate di prodotto trasformato, con una crescita del 17% rispetto all'anno precedente.
Il 53% del pomodoro trasformato in Europa viene prodotto in Italia, mentre il confronto sul piano mondiale porta la produzione del Belpaese al 15,6%.
Marco Serafini, presidente dell'associazione industriali del settore (Anicav), si dice soddisfatto non solo per le quantità prodotte ma anche per l'eccellente qualità ottenuta.
Il fatturato del settore dovrebbe aggirarsi a fine anno sui 3,7 miliardi di euro, la metà dei quali ottenuti sul fronte dell'export, a conferma della forte caratterizzazione internazionale del comparto.
I buoni risultati ottenuti non devono tuttavia far passare in secondo piano le sfide da affrontare e tra le priorità in agenda c'è la tracciabilità e l'etichettatura d'origine, della quale si discuterà fra pochi giorni al tavolo di lavoro indetto dal Ministero dell'Agricoltura.
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