E la risposta porta a individuare nel continente europeo uno spazio comune, un giardino da coltivare, grazie allo stesso linguaggio artistico, musicale, architettonico e perfino gastronomico? Eredità condivise, mescolate, debitamente adattate a latitudini e longitudini in quella che è l'Europa delle regioni, sublimata a ben vedere nel motto attuale della stessa Unione europea: "United in diversity".
Partiamo dalla quarta e ultima conversazione contenuta nel libro di Daverio: "In vino Veritas, in cibo Sanitas", in cui l'Europa viene definita dall'autore "la penisola occidentale del continente asiatico fondata sul vino".
Già a partire dalla parola "Vino" si assiste a una condivisione del termine in tutte le lingue europee, scrive Daverio, "sia di derivazione greco-latina sia di ceppo germanico e sassone e persino da quella misteriosa origine slava".
Il vino è intimamente legato alla religione, perché si diffonde in parallelo con la diffusione della cristianità e piace anche al mondo ebraico. D'altronde, il fenomeno vino si diffonde anche per la scarsità dell'acqua potabile.
Dall'Impero romano, che diffonde il vigneto in tutta Europa, si passa ai monasteri, che rappresentano il nuovo tessuto connettivo dell'Europa e con i monaci che inventano la vinificazione moderna e la botte: assi di legno curvato che troveranno anche usi nautici e rappresenteranno il punto di forza delle caravelle che scopriranno l'America e daranno un nuovo impulso al mondo.
In Europa si diffonde anche la birra, elemento indispensabile per entrare a contatto con il mondo degli dei nella sua antica accezione, che dall'Egitto, suo luogo di origine, si diffonde in Grecia.
L'effervescente autore, critico d'arte e volto noto della televisione, surfa soavemente dall'alcol all'acqua gasata, che ha origine in una cittadina della Turingia, in Germania, di nome Selters, da cui appunto il Seltz, base del bere britannico e ingrediente essenziale del "whisky and soda".
Fondamentali per la crescita dell'Europa sono i commerci, non soltanto sull'onda alcolica (il Porto che va in Inghilterra insieme ai vini di Bordeaux, il Marsala che dalla Sicilia va in Inghilterra, lo Champagne che conquista la Russia degli zar, l'Europa e poi tutto il mondo), ma anche i prodotti come il riso, o quelli provenienti dal Nuovo Mondo come la patata (carburante per le guerre sotto forma di grappa), i fagioli, il pomodoro, il mais "detto impropriamente granoturco nell'accezione di grano forestiero", ricorda Daverio.
Un altro elemento che fa l'Europa è il fegato grasso, ereditato dagli antichi egizi e poi dai romani. Un'eredità che marca il Vecchio continente, che sposa diverse fonti di grasso (dall'oca all'olio al burro allo strutto) e che da secoli vive di contaminazioni come la forchetta e il gelato, entrambi doni di Caterina de' Medici ai francesi. O, ancora, la moda di mangiare il pesce crudo. Pensavate che la mania del sushi e del sashimi fosse una folle attrazione di questi ultimi anni? Sbagliato. Con grande semplicità espositiva l'autore racconta del fenomeno del "Giapponismo", fenomeno che si sviluppò nella seconda metà dell'Ottocento in seguito all'apertura al mondo del Giappone, per secoli chiuso al proprio interno.
Al "Giapponismo" è dedicata una mostra a Palazzo Roverella a Rovigo, fino al 26 gennaio 2020.
Le altre conversazioni contenute in questo libro, molto piacevole e di facile lettura, riguardano "Il sogno dell'Europa", culminato con la firma dei Trattati di Roma nel 1957, anche se il sentimento europeo sembra essere oggi un po' zoppicante, tra sovranismi e afflati di indipendentismo; il libro prosegue poi con "Un Medioevo a colori", grazie ai monaci, a Carlo Magno, alla penna d'oca, ma anche grazie agli alambicchi e alla chimica importata dagli arabi, al ferro di cavallo che facilita gli spostamenti e a San Francesco, vero "Uomo nuovo" all'interno del Medioevo.
La grande e la piccola storia scorrono fluidamente nei pensieri e nelle pagine di Philippe Daverio, sublime raccontatore di rilevanti fenomeni e incisive scoperte.
Anche architettura e musica tra il Seicento e il Settecento caratterizzano l'Europa in maniera variamente unitaria, con i maestri italiani molto spesso a prevalere nell'ambito culturale.
Ecco, forse gli italiani, troppo spesso anti-europeisti o comunque particolarmente critici verso l'Unione europea, dovrebbero partire dal ruolo che hanno sempre avuto nella storia, per esprimere un maggiore impegno verso la casa comune di un continente - la Grande Europa - unito molto di più di quello che si pensi grazie a religione, arte, cultura, musica e cibo.
Titolo: Quattro conversazioni sull'Europa
Editore: Rizzoli
Pagine: 155
Prezzo: Euro 18,90
In libreria: 2019