Nella guerra dei dazi inciampano le olive spagnole, ma potrebbe essere solo un primo episodio e altri prodotti europei potrebbero essere coinvolti.
Il mercato dei prodotti di imitazione continua a crescere e coinvolge ogni settore, anche i vini, come amarone e valpolicella. C'è chi corre ai ripari.
Stop all'olio "Italico", come si sarebbe chiamata la miscela ottenuta utilizzando per metà prodotto italiano e per il rimanente olio di provenienza comunitaria. Un applauso alla "repressione frodi".
Produzione di grano secondo le attese. Ma il 30% dovrà essere importato. Intanto si punta a migliorare la qualità.
Cresce la richiesta di nocciole e dal Lazio al Friuli Venezia Giulia fioriscono accordi con le industrie interessate a questa produzione.
E' confermato, gli Ogm non hanno colpe nella formazione di tumori. Ma le ruspe tornano sui campi di mais di Fidenato, l'irriducibile agricoltore pro-Ogm.
Questi sono solo alcuni degli argomenti incontrati sui quotidiani in edicola in questi ultimi giorni. Vediamoli più in dettaglio di seguito.
Arrivano i dazi
Dopo tanto parlarne eccoli arrivare. Sono i dazi, strumento di battaglia nella guerra commerciale che prende le mosse dalla concorrenza sui mercati mondiali tra i due "big", Usa e Cina, e che ora si va allargando all'Europa.I primi a finire nel mirino di questa competizione, scrive “Il Sole 24 Ore” del 6 luglio, sono i prodotti della tecnologia avanzata, che per varcare le frontiere statunitensi dovranno spendere il 25% in più.
Mossa alla quale la Cina risponde imponendo a sua volta dazi sulle importazioni di soia, sorgo e cotone di provenienza Usa, con forti ripercussioni sui prezzi di queste materie prime.
Si torna sull'argomento il giorno seguente con “QN”, che commenta le preoccupazioni dell'Unione europea per questa escalation delle tariffe tra Usa e Cina e per le conseguenze sui commerci mondiali.
Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, si recherà a fine mese a Washington per discuterne con Trump.
Nel frattempo la situazione evolve e dagli Usa scattano dazi all'import di prodotti europei, come nel caso delle olive spagnole, "colpevoli" di essere favorite dagli aiuti diretti e disaccoppiati previsti dalla Pac.
Ora a farne le spese sono le olive spagnole, ma come avverte “Italia Oggi” dell'11 luglio, lo stesso principio può essere applicato domani a molte produzioni agroalimentari europee.
Fra le "vittime" di questa guerra commerciale, conferma “Il Sole 24 Ore” del 7 luglio, potrebbero finire i falsi formaggi italiani prodotti in Usa, cosa che potrebbe ribaltarsi a nostro vantaggio.
Chi al contrario potrebbe subire contraccolpi pesanti sono i produttori statunitensi di soia, riso e cotone. Il valore di queste produzioni, spiega "Il Sole 24 Ore" del 12 luglio, raggiunge un valore di 135 miliardi di dollari, un quarto dei quali proviene dalle esportazioni, che per una parte rilevante prendono la via della Cina.
Frodi e dintorni
Che il braccio di ferro fra Usa e Cina possa avere ripercussioni positive su alcune nostre produzioni lo conferma “Libero” del 7 luglio, prendendo atto che i dazi introdotti da Pechino fermano i falsi formaggi italiani prodotti ad esempio nel Wisconsin, stato americano dove si concentrano i caseifici impegnati nella produzione di formaggi a imitazione di quelli italiani.Un mercato, questo dei prodotti di imitazione, che continua a crescere e il cui giro di affari nel mondo, stando alle cifre riportate da “Il Sole 24 Ore” del 10 luglio, raggiunge la considerevole cifra di 90 miliardi di dollari.
I prodotti di imitazione, quando non si tratta di veri e propri falsi, colpiscono anche il vino. A farne le spese sono fra gli altri l'amarone e il valpolicella, i cui consorzi di difesa hanno però unito le forze e in accordo con l'Ispettorato repressione frodi, hanno adottato una serie di misure per arginare questo problema. Come si legge su “QN” dell'11 luglio, sono previste in particolare azioni di contrasto alle vendite sui canali di commercio elettronico.
L'Ispettorato repressione frodi è poi protagonista dell'articolo pubblicato nello stesso giorno su “Italia Oggi”, a proposito dello stop alla denominazione di "Italico" per l'olio ottenuto con miscele al 50% di oli comunitari.
A dare man forte ad una maggiore correttezza nelle pratiche commerciali che interessano il settore agroalimentare, arriva l'impegno a completare entro l'anno il dossier sulle pratiche sleali.
Ne parla sulle pagine de “Il Resto del Carlino” dell'11 luglio Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo.
Tempo di grano
Per il grano, a conclusione delle operazioni di mietitura, è tempo di bilanci e di iniziative come quella descritta da “Il Messaggero” del 7 luglio a proposito dell'accordo fra agricoltori, molitori e industrie della pasta.Obiettivo del patto, quello di aumentare la produzione di frumento di alta qualità, oggi insufficiente a coprire le esigenze della produzione di pasta.
Va in questa direzione anche l'aumentato interesse per la produzione di grani antichi, fra i quali, ricorda “Avvenire” dell'8 luglio, figura il Senatore Cappelli, la cui coltivazione è passata dai mille ettari del 2017 ai 5mila attuali.
Al lavoro per la qualità delle produzioni italiane di grano è poi l'associazione nazionale cerealisti.
Il suo presidente, Carlo Licciardi, conferma dalle pagine de “Il Resto del Carlino” dell'8 luglio questo impegno dell'associazione e auspica il superamento della frammentazione delle borse merci, per giungere a realizzarne una unica che sia rappresentativa del mercato.
Intanto il quotidiano piacentino “La Libertà” del 10 luglio conferma che la produzione nazionale, a dispetto del calo della superficie coltivata a grano, si attesta sui 4,2 milioni di tonnellate, in linea con l'anno precedente.
Una produzione tuttavia insufficiente, avverte “La Stampa” dell'8 luglio, a soddisfare le esigenze interne e circa il 30% di grano dovrà giungere dalle importazioni.
I prezzi del grano duro, si legge sulla "Gazzetta di Bari" del 12 luglio, restano però bassi, a dispetto degli sforzi dei produttori per ottenere un prodotto di qualità.
Nocciole, che passione
C'è fermento per la produzione di nocciole, dove ha preso il via il "Piano Nocciola Italia" promosso dalla Ferrero e che prevede entro il 2025 lo sviluppo di 20mila ettari di nuove piantagioni, che corrisponde a un incremento del 30% rispetto alla situazione attuale.Fra i territori dove questa crescita potrà essere più sostenuta, sostiene il “Corriere di Viterbo” del 9 luglio, potrebbe figurare la Tuscia con 500 ettari convertiti a noccioleti.
Ad essere interessati alle nocciole c'è poi Loacker, che punta però ai terreni del Friuli Venezia Giulia, come anticipa “Il Piccolo” dell'11 luglio, dove sarebbero già stati sottoscritti accordi con gli agricoltori.
La disfida degli Ogm
Si torna a parlare degli Ogm, con notizie apparentemente in contrasto fra loro.Da una parte la notizia pubblicata da “Italia Oggi” dell'11 luglio, dove si conferma l'assenza di relazioni fra Ogm e comparsa di tumori.
Dall'altra l'ennesimo episodio che vede protagonista Giorgio Fidenato, agricoltore veneto che della libertà di coltivazione degli Ogm ha fatto la sua bandiera.
Dal “Messaggero Veneto” del 10 luglio la conferma che ancora una volta i suoi campi di mais Ogm sono stati distrutti in ottemperanza ai divieti ancora in vigore. Il prossimo anno si replica, c'è da scommetterci.