Nel 1986 il ministero dell'Agricoltura statunitense pubblicò un report in cui si affermava che nel giro di venti anni il numero delle aziende agricole negli Stati Uniti si sarebbe dimezzato. Il motivo? Le piccole fattorie sono inefficienti e nella patria del libero mercato chi non ottimizza le risorse viene messo fuori gioco dal mercato. Nel 1982 i farmers statunitensi erano 2,2 milioni, nel 2016 erano 2,06. Il governo americano si è sbagliato? Non proprio.

Il numero di aziende agricole è rimasto uguale, così come il numero di ettari medi per azienda, quello che è cambiato è la distribuzione. Il numero delle piccolissime aziende agricole è salito alle stelle ed è aumentato anche quello delle grandi, mentre le medie si sono assottigliate.

Diamo qualche numero. Nel 2001 le aziende di più di 400 ettari erano il 5,6% di tutte le aziende e controllavano il 46,8% della terra coltivabile. Nel 2011 il numero è rimasto stabile, ma la terra coltivata è salita al 53,7%. Nello stesso periodo il numero delle aziende da 800 ettari e più è passato dal coltivare l'1,7% del terreno al 2,2%. Mentre tra il 1982 e il 2012 il numero delle aziende agricole con meno di 20 ettari è aumentato del 28%.

Che cosa è accaduto? Gli Stati Uniti sono grandi produttori di commodities come mais, soia, sorgo e frumento. Prodotti con margini di guadagno molto bassi che rendono le aziende poco efficienti non economicamente sostenibili. L'Usda (il ministero dell'Agricoltura Usa) ha pubblicato un report in cui si sottolinea come più le aziende agricole sono piccole meno sono efficienti. Grandi aziende possono contare su economie di scala che le rendono profittevoli e in grado di restare sul mercato, producendo abbastanza utili da rilevare altre aziende (o prenderne in affitto i terreni).

Si tratta spesso di grandi aziende a conduzione familiare, ma anche di fondi di investimento che rilevano aziende per aggregarle e investire in innovazione. "Attualmente gestiamo più di 40mila ettari di terreni negli Stati Uniti", spiega ad AgroNotizie Eric O'Brien, cofondatore di Fall line capital, durante il World Agri-Tech Innovation Summit di San Francisco (di cui AgroNotizie è partner). "Il nostro fondo acquista aziende agricole che hanno del potenziale inespresso e facciamo investimenti per aumentarne la produttività".

Flc compra e aggrega terreni agricoli, investe in sistemi di irrigazione e di drenaggio, elimina ostacoli naturali e non per facilitare il movimento dei mezzi, converte pascoli in terreni arabili e così via. La dimensione di scala, anche negli Usa, è un fattore di produttività importante. "Molti terreni potrebbero produrre di più con i giusti approcci agronomici", continua Eric. "Noi abbiamo una squadra di agronomi che assiste gli agricoltori che affittano i terreni aiutandoli ad estrarre il massimo valore dai campi, mantenendo al contempo la fertilità del suolo, perché sono aziende su cui noi investiamo nel lungo periodo".

Naturalmente Fall line capital mette in campo tutte le tecnologie alla base dell'agricoltura di precisione. Largo dunque ad immagini satellitari e mappe del suolo, seminatrici e spandiconcime a rateo variabile, irrigazione computerizzata e mietitrebbie con sensori per la mappatura delle produzioni. L'obiettivo non è comprimere i costi di produzione, ma investire per produrre di più.

"In Montana, al confine con il Canada, gli inverni sono molto rigidi. In una azienda locale abbiamo introdotto dei teli pacciamanti biodegradabili che rendono il terreno lavorabile un mese prima del solito. Questo ci permette di anticipare le lavorazioni e seminare varietà più produttive", spiega Eric. "Nel Winsconsin invece abbiamo un problema di frammentazione dei terreni. Così abbiamo unito i campi di più aziende e questo ci ha permesso di ottimizzare l'uso delle attrezzature in campo".

Estensioni maggiori, tecnologie, know-how e come risultato la produttività delle aziende sale. Ma la strategia di Fall line capital va oltre la gestione delle aziende agricole con le migliori tecnologie disponibili. Il fondo investe anche in startup innovative che sviluppano soluzioni per l'agricoltura. E' il caso di Pluto, una startup che utilizza l'intelligenza artificiale per gestire i sistemi di irrigazione. O come AsilomarBio, che produce biostimolanti. Flc investe anche in Benson Hill Biosystem, che è attiva nel miglioramento varietale e in Trace Genomics, che invece sfrutta il potenziale del microbiota del suolo.

Aziende agricole profittevoli che generano ricavi investiti in ricerca scientifica e tecnologica. Un modello efficiente che negli Stati Uniti sta prendendo piede, ma che rischia di mettere definitivamente fuori dal mercato le piccole aziende agricole.

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