Le impiegate rappresentano il 30% della forza-lavoro salariata totale, con il 70% dei ruoli dirigenziali ricoperti da uomini, con solo il 3% (8.006) che riveste la posizione di dirigente e impiegato e il maggior numero di donne (249.672) lavora come “operaio e assimilati” con contratti stagionali (98%). Nelle aziende familiari si contano circa 1,9 milioni di donne (coniugi, madri, figlie), di cui più di un milione (oltre il 60%) classificabile come manodopera familiare, di cui il 28% ricopre il ruolo di conduttrice (il 33% del totale di conduttori). L’imprenditrice ha un’età compresa fra i 40 e i 60 anni (42%; solo il 9% ha meno di 40 anni), in piccola parte possiede un diploma di laurea (6% ma solo lo 0,4% nel settore agrario) e nel 9% si trova in una situazione di analfabetismo.
Le aziende agricole al femminile sono circa 500.000, cioè il 31% del totale delle aziende censite (Censimento per l’agricoltura del 2010 Istat), con una dimensione media è al di sotto dei 5 ettari (78% contro i circa 8 ettari della media nazionale) con una produzione pari circa alla metà di quella maschile (circa 16.100 euro contro circa 30.000 euro). I settori di attività dove si impone maggiormente la componente femminile sono legate alla multifunzionalità: agriturismo, agricoltura sociale, attività didattiche, produzione di energia, che richiedono una maggiore flessibilità e capacità di adattamento, caratteristiche più femminili, che consentono di personalizzare prodotti e servizi con un’attenzione al biologico e al sociale (pet therapy, vendita diretta al consumatore e agrinido). Nel 2014 le imprese agrituristiche al femminile sono cresciute di 5,1% rispetto al 2013, arrivando a 7.817 unità.
Le politiche pubbliche per lo sviluppo rurale sostengono l’imprenditoria femminile in attività extra-agricole attraverso meccanismi premiali per chi richiede finanziamenti, promuovendo l’occupazione delle donne in agricoltura e contribuendo a rimuovere alcuni ostacoli. Sebbene siano stati fatti passi importanti per favorire l’occupazione e l’inserimento delle donne in agricoltura, la strada da percorrere rimane ancora lunga.
"Perché la presenza delle donne in agricoltura si rafforzi – ha commentato Ida Marandola, direttore generale del Crea – è necessario intervenire su più fronti, fra cui quello degli enti di ricerca. Occorrerebbe, infatti, sostenere studi e indagini per promuovere la conoscenza delle reali condizioni di vita e di lavoro delle donne in agricoltura. Ciò potrebbe favorire l’adozione di politiche più efficaci per tradurre in misure concrete le enunciazioni di principi, presenti in tutti i documenti programmatici".
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Fonte: Crea - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria