Frane, alluvioni, smottamenti e piene. L’Italia ha il triste primato in Europa di Paese a maggior rischio idrogeologico, un “pericolo” che coinvolge quasi il 10% della superficie nazionale e riguarda ben 6.633 comuni, ovvero l’82% del totale. Eppure, a dispetto di questa altissima criticità, solo ora si comincia a lavorare su una vera politica di difesa del suolo. Che però, per essere efficace, deve finalmente riconoscere il ruolo degli agricoltori come “manutentori” del Paese. Perché, per prevenire il dissesto idrogeologico dei territori, la soluzione migliore è coltivarli.

E’ quanto è emerso dal convegno nazionale della Cia - Confederazione italiana agricoltori, oggi a Orvieto a Palazzo dei Congressi, dedicato proprio a “L’impegno degli agricoltori contro il dissesto idrogeologico”.

"Per evitare il ripetersi di continue emergenze maltempo, purtroppo troppe volte con risvolti tragici, ma anche per una questione economica, è sempre più evidente che il territorio italiano deve essere “messo in sicurezza”, senza ulteriori indugi da parte della politica - ha sottolineato la Cia -. Non prevenire, infatti, è già costato al Paese 22 miliardi di euro negli ultimi vent’anni. Solo per riparare i danni causati da frane e alluvioni. Diventa chiaro, quindi, che tocca invertire la rotta e, invece di gestire le conseguenze drammatiche del dissesto idrogeologico, investire sulla prevenzione e mettere in campo azioni organiche di tutela e conservazione del suolo".

In questo senso, il ruolo degli agricoltori è fondamentale. I terreni coltivati, infatti, insieme a quelli boschivi, giocano un ruolo essenziale per stabilizzare e consolidare i versanti e per trattenere le sponde dei fiumi, grazie anche alla capacità di assorbimento e di riduzione dei tempi di corrivazione, aiutando così a scongiurare frane e cedimenti del terreno. Ogni forma di coltivazione obbliga a un corretto regime delle acque e questo comporta una sensibile diminuzione dell’esposizione dei versanti al rischio di smottamenti e dei fondovalle al pericolo di allagamenti.

Purtroppo però, la cementificazione costante e non sempre regolamentata ha già cancellato negli ultimi vent’anni oltre 2 milioni di ettari di terreno agricolo a ritmi vertiginosi (oltre 11 ettari l’ora, quasi 2.000 a settimana e oltre 8.000 al mese) e questo processo molto spesso non è neppure stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque. Si è lasciato spazio all’incuria, al degrado, all’abbandono da parte degli agricoltori, la cui opera di presidio e di manutenzione è invece prioritaria, soprattutto nelle aree marginali di collina e di montagna.

"Per questo ora bisogna fare un deciso passo avanti - è l’appello lanciato nel corso del convegno - Servono nuove e adeguate politiche di prevenzione del territorio, a partire dalla legge per il contenimento del consumo di suolo, a cui affiancare una puntuale azione di vigilanza e controllo delle situazioni a rischio che deve coinvolgere gli operatori agricoli".

Gli agricoltori - ha detto il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino - devono esercitare un ruolo di primo piano nella difficile impresa di tutela del territorio. Gli strumenti esistono e si attuano tramite le convenzioni tra le amministrazioni locali e le imprese agricole, che in un’ottica di sussidiarietà possono esprimere multifunzionalità e pluriattività”. Secondo Scanavino, insomma, “occorre porre immediato riparo e lavorare in tempi veloci per costruire un sistema ambientale realmente sostenibile, valorizzando il ruolo essenziale dell’agricoltura quale volano di riequilibrio territoriale, produttivo e sociale”.

I lavori dell’iniziativa di Orvieto sono stati aperti dal sindaco Giuseppe Germani e dal presidente di Cia Umbria Domenico Brugnoni. Sono intervenuti, tra gli altri, il presidente Ispra Bernardo De Bernardinis, il sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo, il presidente della commissione Agricoltura della Camera Luca Sani, il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti, l’assessore all’Agricoltura regionale Fernanda Cecchini, il vicepresidente dell’Anbi Donato Di Stefano, il segretario dell’Autorità di bacino dell’Arno e del Serchio Anna Checcucci e il presidente del Ceja Matteo Bartolini. Ha moderato l’incontro il direttore del Corriere dell’Umbria Anna Mossuto.