260 produttori provenienti da tutt’Italia si sono trovati l’uno a fianco dell’altro in una due giorni finalizzata alla condivisione di idee oltre che al confronto e alla vendita di vini.
Quattro le degustazioni guidate, in rappresentanza di alcuni fra i più pregiati vini di Veneto, Piemonte, Abruzzo e Toscana. Infine anche un premio a un vero e proprio decano del Mondo Vino, ovvero Lino Maga, vignaiolo di Broni, in Provincia di Pavia, cui i vignaioli più giovani hanno inteso rendere tributo conferendogli un riconoscimento per il suo vino storico, il Barbacarlo.
L’evento 2014 ha potuto inoltre contare sul prezioso supporto degli studenti di Alma Wine Academy, come pure sulla presenza di alcuni qualificati artigiani del cibo e della gastronomia di pregio.
Non solo fiere
La voce di Fivi si è fatta sentire ancor prima della fiera piacentina. Forte si è infatti levata la protesta dei Vignaioli indipendenti contro una normativa sulle etichettature che a parere di Fivi lede alcuni diritti fondamentali dei vignaioli, uno su tutti quello di dichiarare in etichetta il luogo ove il vino è stato prodotto in caso quel toponimo sia già utilizzato per una denominazione di origine.
L’Art. 53 del Testo Unico della vite e del vino regola infatti l’impiego delle denominazioni geografiche nella comunicazione aziendale, senza fare distinzione fra etichettatura vera e propria e informazioni equiparate all’etichettatura, come appunto l’indicazione della Regione di produzione di un vino.
Dietro questa scelta vi sarebbe la volontà di evitare il rischio di creare confusione nei consumatori. Peccato che così facendo si sia anche creato il paradosso per il quale un’azienda non può più indicare nemmeno nei propri materiali di comunicazione, come siti internet, brochure e cataloghi, la Regione dove ha sede. In altre parole, se esiste la denominazione di origine “Piemonte”, un vignaiolo piemontese non può usare questa parola per dire ai propri clienti che si trova in questa regione. Se lo fa, incorre in pesanti sanzioni economiche.
Una situazione imbarazzante che per nulla giova alla tutela delle DO e delle IG italiane, castigando per contro la trasparenza informativa a favore della clientela. Per questa ragione Fivi chiede che entro il 31 dicembre 2014 tale norma venga modificata e se ciò non avverrà, i vignaioli di Fivi sono pronti ad autodenunciarsi agendo scientemente in violazione della Legge. Ovvero, dal 1 gennaio 2015 pubblicheranno in grande evidenza sui loro siti aziendali la loro regione di appartenenza esponendosi in tal modo alle relative sanzioni.
Da consumatore, a parere di chi scrive, sarebbe utile e auspicabile lasciare che ogni produttore utilizzasse pure dei toponimi sui propri materiali divulgativi, sebbene in modo sobrio e non mirante a creare confusione o a sfruttare rendite di posizione immeritate.
Il luogo di origine di un vino è infatti una delle prime cose che si vuole sapere quando se ne gusta uno e quindi appare bizzarro impedire a un produttore di riportare il nome della Regione di appartenenza per il semplice fatto che quel nome corrisponde a una denominazione di origine. La Regione in quanto porzione geografica del territorio italiano, del resto, esiste da ben più tempo della registrazione stessa della denominazione.
Meglio sarebbe invece prendere di mira certi produttori, fra i quali pure qualcuno presente in Fiera a Piacenza, i quali scrivono a caratteri cubitali sui cartoni dei propri vini "NO SOLFITI", ben sapendo che lo zero assoluto non è raggiungibile. Questa si che è un tipo di comunicazione che trae in inganno e che andrebbe stigmatizzata, non l'apposizione del nome della Regione sui propri depliant.
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