Il futuro del settore ortofrutticolo nazionale sarà legato a doppio filo alla capacità di sviluppare le esportazioni.
Questo il sunto delle valutazioni fatte a Roma nel corso del convegno "Le prospettive future del settore tra crisi dei consumi e riforma della politica agricola comune" che si è svolto lo scorso 11 aprile in occasione della 64a assemblea nazionale di Fruitimprese.

Dopo il rispettoso ascolto dell’inno nazionale e la visione di un videomessaggio inviato da Paolo De Castro, trattenuto a Bruxelles dall’inizio del trilogo, i lavori sono stati aperti dalla relazione di Roberto della Casa (Università di Bologna e Agroter) che ha spiegato come i riflessi della crisi sui consumi non risparmino frutta e verdura, traducendosi in una forte tendenza alla riduzione del volume di spesa e alla limitazione del fattore spreco. Da segnalare la crescita nelle vendite di prodotti sfusi rispetto ai confezionati nonostante il prezzo generalmente superiore e che trova la sua ragione proprio nella possibilità di ridurre in maniera drastica il quantitativo di prodotto acquistato.

Dopo la voce della scienza, quella delle istituzioni è stata affidata a Carlo Sacchetto, capo della Segreteria tecnica del Mipaaf, che se da un lato ha ricorda quanto è stato fatto in patria e in Europa nell’ultimo anno - tra cui l’art. 62, le novità in Ocm e la riforma del D.Lgs. 102/2005 - dall’altro ha chiaramente tratteggiato la situazione attuale con la dichiarazione: "Sono il rappresentante di un Governo che non c'è".

I dati relativi alla bilancia commerciale ortofrutticola italiana sono stati presentati dal neopresidente di FruitImprese, Marco Salvi, che ha evidenziato come a fronte di un mercato interno in sostanziale stagnazione, l’interscambio con l’estero abbia fatto registrare nel 2012 un saldo attivo abbondantemente superiore al miliardo di euro. Questo bilancio positivo non deve tuttavia essere interpretato in chiave trionfalistica, vivendo i nostri prodotti una smaccata difficoltà a penetrare sui nuovi mercati in maniera adeguata alla nostra capacità produttiva.
Nel primo trimestre del 2013 si è già registrato un calo dei consumi di ortofrutta del 4,3% con tendenza al peggioramento.

Come una vera e propria chiamata alle armi è suonato l’intervento del presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, che si è dichiarato convinto che l’agricoltura sia l’unica scelta professionale valida rimasta, e questo nonostante lacci e laccioli imposti dalle istituzioni. "Dobbiamo essere uniti – ha dichiarato Guidi – per far nascere un sistema nuovo e coordinato che superi la semplice aggregazione dei produttori e i tavoli di filiera così come li conosciamo ora. Deve nascere un AgroNetwork in grado di costringere le istituzioni a fare quanto necessario per crescere nel mondo. Se continuiamo a pensare in piccolo non andiamo da nessuna parte".
Parole e toni forti, quelli di Guidi, che ribadiscono per l’ennesima volta la necessità di un “fronte nazionale di coesione agricola” e di politiche elaborate con cognizione di causa e sviluppate in una prospettiva di medio e lungo termine.   

Accanto alle parole d’ordine “unità” e “politica” non potevano mancare quelle di “innovazione”, “ricerca”, “qualità”, “competitività” e via di seguito, variamente declinate negli interventi successivi tra cui quelli di Claudio Gamberini (Conad), Ulrich Spieckermann (Edeka) e Nazario Battelli (Oi ortofrutta).

L'assemblea di Fruitimprese ha offerto interessanti spunti di riflessione. Innanzitutto, il fatto che l’appello alla coesione venga da uno dei settori agricoli maggiormente organizzato e strutturato a livello di filiera e interprofessionalità dà una chiara idea di quanto il tema sia scottante in tutto il panorama del settore primario, e della gravità della negazione dell’esigenza in alcuni segmenti in piena crisi. In secondo luogo si assiste – dopo le prime esperienze di Agrinsieme – a un avvicinamento funzionale tra il mondo della produzione e quello della distribuzione, quasi a voler indicare il superamento di una atavica contrapposizione economica e la nascita di una sorta di nuova consapevolezza che la migliore soluzione a problemi comuni sia da ricercare nella collaborazione.
Da ultimo si assiste a una tendenza a non ricorrere più alla richiesta passiva alle istituzioni di soluzioni ex lege, bensì alla ricerca all’interno del mondo produttivo del raggiungimento di quella ‘massa critica’ indispensabile affinché i rapporti tra politica e realtà produttiva si rovescino, con la seconda non più costretta a subire le iniziative della prima.
Sembra, insomma, che nel settore primario sulla spinta della crisi qualcosa si sia finalmente messo in moto. Ora rimane da vedere quali strade prenderà e dove andrà a finire.


Alessandro Vespa
© Riproduzione riservata