In arrivo dalla Francia un nuovo studio sugli Organismi geneticamente modificati (Ogm): tra i risultati, anticipati dal quotidiano transalpino Le nouvel observateur, un’incidenza di tumori da due a tre volte superiore alla norma sui topi nutriti per due anni con mais biotech Monsanto.
Secondo l’autore dello studio, Gilles-Eric Séralini, professore di biologia molecolare e ricercatore presso l’Università di Caen, l’analisi dimostra che “l’assunzione di questo mais, anche a dosi ridotte, agisce come un veleno potente e spesso mortale”.

Lo studio

Per la prima volta dall’introduzione del biotech, un’analisi ne studia gli effetti nel lungo periodo: i duecento ratti, cavie dell’esperimento, sono stati osservati non per tre mesi (la durata classica dei test in uso ad oggi), ma per ben due anni, che corrispondono all’incirca alla vita media dei roditori.
Per tutto questo tempo, l’equipe ha lavorato in gran segreto lungo ogni tappa del processo: da quando si è procurata le sementi di mais, proprietà esclusiva della Monsanto, grazie all’intermediazione di un liceo agricolo canadese, all’arrivo del granoturco in sacchi di juta al porto di Le Havre, alla coltivazione e raccolta.
Per poi passare all’esperimento, “coperto” da un finto studio condotto in parallelo per non destare sospetti sul vero lavoro scientifico in corso e tenerlo al riparo dalle lobby, mentre le conversazioni telefoniche all’interno del team erano vietate e quelle via mail avvenivano in linguaggio criptato.

I risultati

I roditori sono stati divisi in quattro gruppi, a seconda del cibo somministrato: convenzionale, Ogm trattato con l’erbicida Monsanto Roundup, Ogm non trattato, acqua contenente una ridotta quantità di erbicida presente nelle coltivazioni del granoturco modificato.
Rispetto ai topi nutriti con cibi tradizionali (cosiddetto “gruppo di controllo”), tutti gli altri sono stati colpiti da malattie gravi e anomale, con tumori di grandezza fino a un quarto del peso dell’animale.
Mentre gli organi maggiormente toccati nelle femmine sono state le mammelle, i maschi hanno presentato disturbi soprattutto negli organi depuratori (fegato e reni). La frequenza delle malattie, a seconda dei gruppi, è stata da due a cinque volte maggiore rispetto ai topi nutriti con cibo tradizionale. Alla fine della ricerca, dal 50% all’80% dei roditori nei tre “gruppi Ogm” erano malati, contro il 30% nel gruppo di controllo.

Il nodo delle tempistiche

Ma non saranno solo i risultati (e le prove fotografiche) a scuotere l’opinione pubblica. A rilanciare un dibattito già infiammato dall’incompletezza del quadro legislativo europeo (vedi articolo di Agronotizie della scorsa settimana), sarà anche la questione delle tempistiche dei test.
Lo studio dimostra infatti che molte delle malattie più gravi sono state osservate solo a partire dal 13° mese: una circostanza che rende evidente l’inefficacia degli esperimenti scientifici condotti finora, tendenzialmente della durata di 90 giorni.

E l’Europa appare in netto ritardo nelle reazioni: a breve, come riferito da Frédéric Vincent, il portavoce del Commissario europeo alla Salute John Dalli, diventerà obbligatorio per l’industria biotech presentare degli studi, appunto, di almeno 90 giorni per avere l’autorizzazione Ue per nuovi alimenti modificati. 

Nessun altro commento, per ora, dalla Commissione europea, che si riserva di leggere lo studio non appena sarà pubblicato, ma conferma che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), già allertata, dovrà fornire una valutazione su questa nuova ricerca scientifica.
Solo a quel punto, ammette Vincent, “se ci saranno nuove prove scientifiche, ne trarremo le dovute conseguenze”.


Aggiornamento del 21/09/2012


Science Direct segnala che lo studio è pubblicato su Food and Chemical Toxicology del 19 settembre 2012 (versione online del 19 settembre 2012 - Volume 50, Issue 11, In Progress - November 2012).