Lotta senza quartiere contro le ondate di cemento che stanno letteralmente ingoiando milioni di ettari a vocazione agricola, spesso le terre più fertili.
Una piaga che rovina il paesaggio e fa più povera l'agricoltura italiana. E' il nuovo fronte ecologista aperto dal ministro Catania.
Dopo aver azzerato qualche mese fa le sovvenzioni per la realizzazione di impianti fotovoltaici sui terreni agricoli, il ministro ha messo ora in cantiere un disegno di legge con il quale vuole creare una diga per arginare il "sacco" dell'agricoltura.
In sintesi, propone un plafond nazionale con il numero massimo di ettari di terreni agricoli che possono essere trasformati in edificabili, da trasferire poi alle Regioni e da queste ai Comuni. Inoltre, da questo cambio di destinazione sono esclusi per dieci anni i terreni che a diverso titolo hanno beneficiato di aiuti pubblici nazionali o comunitari.
Terzo pilastro della manovra, cancellare la normativa attuale che consente ai Comuni di fare cassa incamerando gli oneri di urbanizzazione derivanti dal cambio di destinazione dei suoli agricoli.
I numeri, forniti durante un convegno, sono impressionanti, anche se gonfiati dal lungo periodo preso a riferimento. E comunque, meritano un approfondimento.
In 40 anni l'agricoltura ha perso 5 milioni di ettari di superficie utilizzata (Sau). Ma è anche spiegato, nel materiale diffuso nel corso del convegno, che in realtà il cemento è colpevole di aver "impermeabilizzato" solo 1,5 milioni di ettari, cioè il 30%. Che non è poco, intendiamoci, ma ci sembra giusto sottolinearlo per distribuire meglio le colpe. Sotto accusa è finita la speculazione edilizia e altri manufatti; nessun cenno invece alla realizzazione delle infrastrutture, di cui l'Italia ha un disperato bisogno.
Che so, l'alta velocità, la variante di valico da Bologna a Firenze, il passante di Mestre e più recentemente la Brebemi in Lombardia. Crediamo, fino a prova del contrario, che mai più il ministro Catania si schiererebbe sul fronte No Tav, sconfessando la linea del Governo ribadita anche nei recenti fatti di cronaca.
Eravamo fermi al 30%. Il restante 70% del suolo agricolo perso sono 3,5 milioni di ettari abbandonati dagli agricoltori. Marginali, poco produttivi, in zone impervie, è stato detto. Peccato lo stesso, visto che il metro per l'attribuzione dei fondi proposto dalla Commissione europea per la riforma che partirà nel 2014 è proprio l'ettaro. Contro il quale il ministro Catania, va riconosciuto, sta facendo una dura battaglia, sul cui esito sembra possa esserci anche qualche speranza di spuntarla. Quindi, sul banco degli imputati ci sono anche gli agricoltori che abbandonano i terreni. E non sempre sono quelli marginali, visto che l'Unione europea da una decina d'anni paga lautamente anche chi lascia i terreni a riposo e campa di rendita. Sempre ettari sottratti all'agricoltura sono.
Comunque, a parte queste contraddizioni che già abbiamo avuto modo di denunciare, l'iniziativa del ministro ha avuto il plauso della maggior parte delle organizzazioni agricole, dalla Coldiretti alla Cia, da Copagri alla Fedagri. Anche Confagricoltura ha rivendicato le sue ricorrenti denunce contro la cementificazione dei campi, ma ha anche ricordato al ministro che spulciando i dati freschi di stampa del Censimento agricolo 2010 l'Istat ha rilevato 550mila ettari "a riposo", con un balzo del 50% rispetto a 30 anni fa.
Sommati agli ettari attualmente inutilizzati - fa i conti l'ufficio studi dell'organizzazione - potrebbero essere recuperati alla produzione 1,2 milioni di ettari, contribuendo così ad aumentare la copertura del fabbisogno alimentare italiano che per oltre il 20% dipende dalle importazioni.
Riuscirà il ministro Catania a condurre in porto questo disegno di legge?
A convincere gli agricoltori a non abbandonare i terreni e soprattutto i Comuni d'Italia, che proprio nei giorni scorsi hanno manifestato contro i tagli del Governo, a rinunciare ai proventi degli oneri per i terreni agricoli che diventano edificabili? Noi ce lo auguriamo. La sua iniziativa, al netto delle battaglie degli ecologisti che le combattono per mestiere, comunque andrà finire, ha avuto il merito di sollevare una questione molto seria. "Bisogna invertire la rotta e progettare un nuovo modello di sviluppo", ha detto il ministro.
Un grido d'allarme che vale l'urlo del grande Adriano Celentano con il suo ragazzo della via Gluck, quando si tiravano su i palazzi e non si lasciava l'erba.