Tra tutti i fattori che possono contribuire a modificare il bilancio termico della Terra, quello costituito dalle eruzioni vulcaniche è sicuramente il più imprevedibile ed anche il più immediato, perché impone i suoi effetti nel giro di pochi anni ed i suoi frutti sono da subito percepibili, ma solamente al verificarsi di alcune condizioni. In questo editoriale verranno brevemente illustrate.

Tambora, Krakatoa e Pinatubo

Tre grandi cataclismi che, negli ultimi due secoli, sono rimasti ben impressi nelle menti della popolazione mondiale in particolar modo per la scia di morte e distruzione che hanno lasciato alle spalle, ma hanno anche fatto riflettere i climatologi sulla questione di come questo fenomeno naturale possa contribuire a modificare in modo permanente il clima del pianeta.

Le eruzioni vulcaniche, specie se sono violente e di tipo esplosivo, possono infatti innescare alterazioni del sistema climatico, tali da spostarne l’equilibrio su altri livelli. La conseguenza più immediata è la modifica del meccanismo che riguarda il bilancio della radiazione solare, ovvero tra i raggi riflessi e tra quelli introdotti in atmosfera. Ma solo alcuni tipi di eruzioni vulcaniche possono avere tale effetto sul clima: innanzitutto l’eruzione deve essere sufficientemente intensa da emettere una certa quantità di polveri nella bassa stratosfera, ovvero in quella fascia atmosferica compresa tra i 20 ed il 25 km di altezza e, in secondo luogo, il vulcano deve trovarsi alle basse latitudini.

Solo il binomio di queste due condizioni può innescare un impatto non trascurabile sul bilancio climatico terrestre.

Alla base di tutto

Al verificarsi della prima condizione, l’abbondante quantità di polveri non ricadrebbe sulla superficie terrestre, cosa assai diversa se il materiale sparato in aria si limiterebbe alla sola troposfera, ovvero quella fascia atmosferica più vicina alla superficie terrestre dove si verificano tutti i fenomeni meteorologici, che grazie alla loro azione disperderebbero velocemente le polveri in sospensione. Arrivando invece nella bassa stratosfera, caratterizzata da una scarsissima attività di rimescolamento, la nube di cenere avrebbe modo di espandersi orizzontalmente fino a formare un velo opaco in grado di riflettere maggiormente verso lo spazio la radiazione solare incidente.

Se l’eruzione vulcanica avvenisse poi alle basse latitudini, ovvero la seconda condizione indispensabile, allora l’effetto sul cambiamento climatico avverrebbe sicuramente perché, solo in questo modo, le polveri raggiungerebbero anche le latitudini più alte dell’emisfero in cui il vulcano è in azione: questo si verificherebbe per la particolare natura della circolazione generale dell’atmosfera in grado di sospingere le ceneri vulcaniche verso nord, distribuendole omogeneamente su una larga fascia latitudinale.
Ecco allora spiegato perchè alcune eruzioni importanti avvenute in Islanda o in Alaska non hanno provocato effetti su scala golbale, ma si è tutto limitato al solo clima locale. Quindi anche supponendo che le loro ceneri finissero in stratosfera, le correnti non sarebbero infatti in grado di muoverle verso sud.

La forte eruzione del 1991

Rientra nelle due condizioni appena descritte l’eruzione del vulcano Pinatubo, nelle Filippine, avvenuta nel giugno 1991. Durante l’eruzione, i 15 milioni di tonnellate di ceneri espulse dal cratere raggiunsero addirittura i 40 km di altezza e lo spesso velo di polveri aumentò del 2% la riflessione dei raggi solari, che ad una prima analisi può sembrare trascurabile, ma è stata sufficiente per un raffreddamento globale di ben 0.3 °C nei successivi due anni.

Evidenti effetti sul clima

Nell’emisfero Nord, furono più evidenti nella stagione estiva perché, proprio in questo periodo dell’anno i livelli di radiazione solare raggiungono il loro massimo.

In seguito all’eruzione si è potuto inoltre introdurre nuovi parametri di calcolo sui modelli climatici, ovvero come prevedere la risposta del clima alla presenza delle polveri vulcaniche nell’atmosfera. Infatti subito dopo l’eruzione Pinatubo, quando era chiaramente emersa la sufficiente attività, alcuni climatologi statunitensi integrarono il modello americano con i nuovi dati. I risultati mostrarono il buon accordo con le temperature medie superficiali registrate a livello globale. È evidente quindi come il modello sia stato capace di prevedere correttamente l’impatto dell’eruzione del vulcano sul clima e poter utilizzare l’algoritmo in successivi eventi di tale entità.

In prossima eruzione il supervulcano di Yellowstone?

Creare allarmismo non va bene, però l'informazione è utile per preparare a qualcosa che potrebbe cambiare lo stile di vita dell’umanità. Sotto il parco di Yellowstone (Stati Uniti Occidentali) si nasconde un vulcano. Quel vulcano occupa circa un terzo dell'area del parco: precisamente un'area di 30*70 km pressappoco come quella occupata dalla Val d'Aosta.
Si stima che il materiale proiettato nell'atmosfera dal Saint Helens nel 1980 sarebbe circa un millesimo di quello di una futura esplosione di Yellowstone.
I grandi cambiamenti che gli uomini e il loro comportamento possono provocare al clima sono solo una piccola cosa, rispetto alle rivoluzioni che la natura ha in serbo.