Protagonista di Magis fin dal principio, l'azienda vitivinicola Zonin è tra i coloro che hanno sentito l'esigenza di un progetto di sostenibilità in viticoltura e, di concerto con Bayer CropScience, hanno dato vita al protocollo.
Zonin è da semre attenta alla sostenibilità delle produzioni. Quando siete partiti e a che punto vi trovate?
“Il percorso aziendale verso la sostenibilità delle produzioni di Casa Vinicola Zonin parte nel 2008. Magis è stato la scintilla, il punto di partenza da cui abbiamo iniziato a parlare di sostenibilità concretizzandola in progetti pilota principalmente riguardanti attività in campo di difesa e concimazione. Da qui, l'azienda ha spaziato abbracciando a trecentosessanta gradi il concetto.
Oggi casa Zonin è parte di un lavoro molto ampio che si articola in attività di riduzione diretta e indiretta dell'anidride carbonica, di aumento della sua fissazione attraverso la forestazione, di tutela delle risorse idriche ed energetiche.
Per scendere nel concreto, abbiamo reintrodotto la tradizionale tecnica del sovescio con essenze leguminose e graminacee per apportare naturalmente al suolo gli elementi di cui la vite si nutre. La riduzione e in alcuni casi la sostituzione della concimazione minerale ha portato con sé anche il minor impiego di mezzi agricoli.
Stiamo poi mantenendo efficienti 715 ettari di bosco che fissano annualmente oltre 5.700 tonnellate di CO2; per aumentare la quota fissata e mantenere la biodiversità, nella scorsa annata abbiamo messo a dimora quasi trentamila piante arbustive ed arboree.
Per il risparmio delle risorse idriche, è stato costituito un lago di raccolta delle acque piovane invernali dal quale parte l’impianto di irrigazione di vigne ed oliveti. Dopo tre anni di lavoro, il bacino ha oggi una portata di duecentocinquantamila metri cubi.
Anche le acque utilizzate in cantina, in seguito a processi di fitodepurazione, vengono raccolte nel bacino e riutilizzate a scopo irriguo.
In ambito energetico, infine, la presenza di strutture fotovoltaiche, nascoste alla vista nel rispetto del paesaggio, ci garantisce in alcune tenute un'autosufficienza che raggiunge il quarantaquattro per cento del fabbisogno aziendale”.
Siete, quindi, molto vicini al raggiungimento dell'obiettivo?
“La strada è lunga. Siamo partiti da un aspetto della produzione sostenibile, poi ne abbiamo affrontati due, poi tre, quattro e più ci addentriamo più troviamo vie da imboccare, esplorare e provare. E' un percorso in continua crescita capace di essere di grande stimolo per il gruppo di lavoro composto da trentasei tecnici tra enologi ed agronomi, il cui entusiasmo ha avuto una crescita esponenziale con l'introduzione di questo tipo di progetti”.
Avete avuto miglioramenti qualitativi?
“Direi proprio di sì. L'attenzione che si pone alla produzione, comunque, sfocia in una maggiore qualità”.
Può il vostro lavoro diventare un modello replicabile e applicabile anche in realtà più piccole con mezzi tecnici ed economici più ridotti?
“Anche in questo caso, direi di sì. Nel senso che il filo conduttore è unico, poi ciascuna realtà lo applica in base ai propri mezzi e necessità.
Il bello di questi progetti è che non si riducono ad un decalogo rigido; il protocollo di lavoro è adattabile all'intero panorama italiano estremamente diversificato che raccoglie le piccole proprietà di un ettaro e il viticoltore part-time per arrivare alle aziende più strutturate”.
Parliamo di comunicazione della sostenibilità al consumatore. Le posizioni sono diverse, una parte della filiera sostiene che l'onere spetti alla Gdo e alle enoteche; un'altra ritiene siano le aziende a dover colmare questo gap d'informazione. Cosa ne pensate?
“Capisco, innanzitutto, la difficoltà del consumatore ad orientarsi tra i termini sostenibile, biologico e integrato; abusare di questa terminologia crea solo confusione.
Andrebbe ben chiarito che la sostenibilità non è solo ambientale ma anche sociale ed economica; ritengo che buona parte di questa comunicazione debba essere a carico delle aziende produttrici avendo un maggior numero di canali comunicativi a disposizione. Nel nostro caso stiamo procedendo per gradi; è recente l'organizzazione di un international meeting nel quale a tutti i paesi è stato presentato un identico progetto di sostenibilità.
Le reazioni sono state molto diverse: dai paesi del nord Europa, dalla Germania e dal Canada abbiamo ricevuto grande entusiasmo che si è affievolito nel caso degli Stati Uniti.
Per quanto riguarda i canali distributivi il maggiore interesse lo hanno dimostrato la ristorazione di alto livello e le enoteche, molto meno coinvolto è apparso il circuito della 'ristorazione quotidiana'.
La nostra forza comunicativa risiede anche nel fatto di essere presenti con società controllate nei principali paesi del mondo; ci permette, attraverso i dipendenti Zonin, di arrivare a comunicare direttamente con molteplici canali commerciali. Più complesso è il passaggio con importatori e distributori dei paesi con monopolio che, in questo caso, devono farsi carico della comunicazione a valle.
Ci siamo dati tre anni di tempo, dal 2012 al 2015, per attuare un'azione comunicativa forte attraverso vari canali che vanno dal portfolio al video e, soprattutto all'estero dove il mondo va più velocemente che in Italia, la comunicazione passa per il web e la tecnologia.
In ambito nazionale contiamo molto su Magis e Tergeo, entrambi dotati di un comitato tecnico scientifico con ruolo di supervisore e garante anche nella comunicazione”.
Vigneti Rocca di Montemassi
Un'ultima domanda sulla vostra posizione in merito alle quote di reimpianto.
“Abbiamo partecipato ad un sondaggio che evidenzia la posizione dei produttori italiani così da dare forza al governo per mettere in campo un'azione diretta al mantenimento delle quote.
Siamo quindi favorevoli al loro mantenimento pur considerando l'esistenza di sistemi di controllo dei reimpianti anche all'interno delle denominazioni di origine. Riteniamo sia reale il rischio di destabilizzazione del mercato con un eccesso di offerta; ci vorrebbero anni prima di raggiungere nuovamente l'equilibrio. Ma se ciò dovesse accadere, ci adegueremo, l'importante è che si crei un buon sistema di gestione e tutela delle denominazioni di origine".