Tra Selinunte e la Valle dei Templi, in provincia di Agrigento vi è una terra in quel di Menfi dove ogni mattina sorgono ben sette soli. E' l'omonima azienda vitivinicola che, in un percorso di mezzo secolo, ha trasformato una realtà territoriale in grave crisi in un distretto di eccellenza preso oggi a modello di sviluppo positivo e sostenibile.

Nella realtà che Settesoli ha fatto nascere, oggi lavorano oltre tremila persone “che camminano insieme – spiega Filippo Buttafuoco, agronomo aziendale - e condividono il loro lavoro coltivando la sensazione di compiere una grande impresa".

Si tratta di una comunità in cui si trovano riuniti più di 2.300 viticoltori, capace di gestire i rapporti con una grande rete di soci e lavorare su 6mila ettari di vigneto come fossero un’unica proprietà.
Il futuro della viticoltura, secondo la filosofia di Settesoli, passa attraverso un valore aggiunto dato dalla combinazione di tre diverse tipologie di sostenibilità, quella economica, quella ambientale e quella sociale.

I vitigni bianchi tradizionalmente coltivati sono il catarratto lucido e comune, l’inzolia ed il grillo; tra i rossi, il nerello cappuccio. Negli anni settanta, a questi si sono aggiunti i vitigni trebbiano toscano ed il sangiovese; solo di recente, sono stati impiantati vitigni chardonnaycabernet sauvignon, merlot, sirah ed altre varietà internazionali con, a quanto spiega l'esperto di Settesoli, ottimi risultati.
Qualità, rispetto dell'ambiente e del territorio in sostegno all'economia locale, hanno portato l'azienda a diventare una delle realtà siciliane di riferimento per il mercato del vino di largo consumo.

Molteplici le iniziative che caratterizzano il marchio Settesoli per l'impegno nella tutela del territorio; a partire dalla certificazione di rintracciabilità avuta nel 2003, seguita dalla decisione di utilizzare per i propri imballi carta senza fibra di legno e, infine, da quella di dotarsi a breve di un impianto per le biomasse.

In un quadro di questo tipo, non poteva non trovare posto il progetto Magis cui, infatti, l'azienda ha deciso di aderire sin dal principio, nel 2009.
L'impegno aziendale di 4,5 ettari, grazie alle competenze offerte dal progetto, ha permesso di osservare le dinamiche interne al vigneto – spiega Buttafuoco.

Abbiamo trovato una perfetta continuità tra le nostre direttive e quelle di Magis; entrambe puntano alla razionalizzazione ed al miglioramanto della gestione aziendale, all'impiego di una sempre minor quantità di mezzi tecnici quali agrofarmaci ed a un loro utilizzo responsabile se e quando necessario.
Procedendo in questo modo, abbiamo ridotto non solo il numero dei trattamenti ma anche la quantità di carburante, la manodopera e altre voci economicamente gravose.

Nonostante non sia stato possibile evidenziare significative differenze tra il vitigno a conduzione Magis e quello aziendale, essendo stata quella del 2011 un’annata semplice dal punto di vista fitosanitario, possiamo sottolineare il grande risultato ottenuto nella gestione della chioma.

Infine, grazie anche a Magis – conclude l'agronomo - i valori sociali, culturali e tecnologici possono essere trasmessi meglio al consumatore, generando vantaggi sia in termini di qualità che di visibilità sul mercato”.

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