Il settore dell'olio di oliva al pari di molti altri comparti dell'agroalimentare italiano sta vivendo un momento di grande difficoltà economica a causa della bassa redditività del prodotto, attribuibile da un lato agli elevati costi di produzione e dall’altro alla difficoltà di individuare adeguate strategie di mercato.

L’olio extravergine è percepito ancora come una commodity, con difficoltà sempre maggiori, da parte degli operatori del settore, a far accettare al consumatore, differenziali di prezzo nell’ambito della stessa categoria commerciale “extravergine”.

Negli ultimi anni, molte realtà olivicole italiane hanno scelto di differenziare il prodotto attraverso l’utilizzo di marchi comunitari (Dop, Igp), investendo su questa strategia di segmentazione e facendo leva sulle caratteristiche distintive delle varietà tipiche di taluni areali produttivi. Ma aldilà dei molti sforzi messi in campo, il segmento Dop/Igp, per quanto in crescita, resta ancora un settore di nicchia del mercato (2%). Ed in più rimane confinato in pochi comprensori di produzione nazionali e non sembra ancora in grado di offrire una risposta adeguata per estese aree produttive del sud Italia.

A ciò si aggiunga che nemmeno lo strumento più flessibile del prodotto 100% italiano sembra, alle condizioni attuali, in grado di creare valore nel comparto olivicolo, considerati i prezzi medi di vendita e la limitata marginalità di questo segmento, che ha impedito lo sviluppo di sistemi integrati di filiera tra produttori, confezionatori e distributori, penalizzando le opportunità di sviluppo dell’intero comparto.

Durante il convegno intitolato “Olio extravergine di oliva ‘Alta qualità’: un nuovo segmento di mercato”, svoltosi nell’ambito di Simei-Enovitis, lo scorso 27 novembre, presso i padiglioni della Fiera di Rho a Milano, si è voluto sviluppare il tema della necessità di far nascere uno strumento che consenta a tutta la filiera olivicola italiana di ribadire e riaffermare le sue competenze sugli extravergini, introducendo una categoria più restrittiva che potrebbe essere definita “Alta Qualità”.

Questo nuovo strumento, determinerà l’impegno di tutti gli operatori della filiera a produrre, trasformare, conservare e commercializzare l’olio extravergine secondo regole più restrittive definite nel disciplinare “Alta Qualità”, presentato in quest’occasione dal Cno - Consorzio nazionale olivicoltori. Un vero e proprio vademecum in tre agili volumi, dedicati ciascuno a ‘Regole generali e sezione etica’, alla ‘Sezione agronomica’ e alla ‘Sezione trasformazione, distribuzione, trasformazione’. Il disciplinare è solo la base di tutto il progetto che riguarda la promozione a livello internazionale del nostro olio extravergine di oliva, un prodotto che i relatori hanno definito ‘in perdita’ sul mercato. Difatti, il nostro olio comincia a scarseggiare sugli scaffali dei supermercati del mondo, dando sempre più vantaggio al player emergente del mercato olivicolo mondiale: l’olio spagnolo. Un prodotto, quello ‘Made in Spain’ di certo non qualitativamente ottimo, ma forte di una profonda spinta promozionale operata per mano di questo Paese definito alquanto audace in fatto di marketing.

Il primo passo per una efficace promozione del nostro olio è la cura della certificazione, ha spiegato durante l’incontro milanese Mariachiara Ferrarese del Csqa Certificazioni, puntando su una approfondita informazione ed il costante impegno degli operatori dell’intera filiera. E proprio alla rintracciabilità è dedicato uno dei volumi del Disciplinare pubblicato dal Cno, che elenca tutte le peculiarità e caratteristiche che un olio di ‘Alta qualità’ deve possedere.

Nel descrivere l’attuale situazione dell’olivicoltura italiana, Claudio Di Rollo, presidente del Cno, ha lamentato l’assenza del Mipaaf, che non promuove a sufficienza il comparto. Dello stesso avviso di Di Rollo si è dimostrato anche il moderatore del convegno, il giornalista Luigi Caricato, direttore della rivista ‘Teatro Naturale’, che ha dichiarato di non credere nell’impegno delle istituzioni per il miglioramento della comunicazione che determina la promozione del comparto, ambito in cui però si devono impegnare molto di più gli operatori. Un quadro, quello attuale, definito di grande protagonismo, ma scarso coordinamento tra le parti che compongono la filiera.

A chiudere l’incontro, Tiziana Sarnari dell’Ismea – Istituto di servizi per il mercato agroalimentare italiano, che ha presentato i dati relativi alla produzione di olio extravergine di oliva 2009.

Cala del 15% circa la produzione della campagna olivicola ed olearia 2009-2010. Questo quanto emerge dai dati dell'Ismea, che annunciano una diminuzione rispetto alla precedente annata di carica. La flessione non è omogenea; presenta connotazioni diverse a livello regionale ed è più marcata nelle regioni centrali. Le cause sono da ricercarsi in condizioni climatiche diverse che hanno influenzato e condizionato le fasi di maturazione delle olive.
La minore produzione di olio extra vergine è però inversamente proporzionale alla qualità del prodotto che si presenta con punte di eccellenza ben distribuite in tutta la Penisola. Il clima caldo e secco, che non ha favorito lo sviluppo di malattie, alternato a piogge che hanno consentito alle piante di accumulare una buona riserva idrica completano il profilo di una campagna che si confronterà per la prima volta con l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dell'olio extra vergine di oliva. Un test importante per il mercato e per i consumatori.