I rincari, pur elevati (con punte del 30-35%), non hanno incrinato la passione degli italiani per la pasta. Dopo una momentanea crisi registrata nella prima metà del 2007, i consumi del piatto nazionale per eccellenza sono tornati a crescere: tra il 2 e il 2,5% nel corso del 2008 rispetto all’anno precedente.
E’ quanto segnala la Cia (Confederazione italiana agricoltori) sulla base delle ultime rilevazioni dell’Ismea-ACNielsen.
Gli italiani, dunque, non hanno tradito il loro amore per la pasta. Neanche i forti aumenti dei prezzi sono riusciti ad allontanare un buon piatto di pasta dalle nostre tavole. Sta di fatto che, nota la Cia, proprio gli italiani continuano ad essere i primi consumatori al mondo di spaghetti, rigatoni, bucatini, lasagne, cannelloni: oltre 28 chili pro-capite l’anno (il 37% a Nord, il 23% al Centro e il 40% al Sud). A seguire, ma ben distanziati, i venezuelani (13 chili pro-capite), i tunisini (11,8 chili pro-capite), i greci (10,3 chili pro-capite), gli svizzeri (9,5 chili pro-capite), gli svedesi e gli statunitensi (9 chili pro-capite). I consumi di pasta di un italiano, quindi, sono tre volte superiori, afferma la Cia, a quelli di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiori a quelli di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiori a quelli di un giapponese.
Il valore economico della pasta, avverte la Cia, continua così a crescere. Nel 2008, secondo le prime stime, la produzione nazionale si dovrebbe avvicinare ai 3,4 milioni di tonnellate (per un fatturato complessivo di circa 4 miliardi di euro). Seguono gli Stati Uniti con 2 milioni di tonnellate e il Brasile con 1,5 milioni di tonnellate. L’Italia, come rileva anche l’Unipi (Unione industriali pastai italiani), copre il 26% della produzione mondiale di pasta e il 74,7% di quella europea. In pratica, un piatto di pasta su quattro mangiato nel mondo e tre su quattro nell’Ue è made in Italy.
Il consumo interno di pasta, sottolinea la Cia, è pari a poco più di 1,5 milioni di tonnellate, per un valore che si avvicina ai 2,5 miliardi di euro. Ma il vero boom è l’export. Continua, infatti, ad aumentare la richiesta di pasta made in Italy. Gli ultimi dati segnalano un valore dell’esportazione di circa 1,5 miliardi di euro.
La Germania ha strappato agli Stati Uniti il primato di paese importatore di pasta italiana con il 16,2% contro il 14,9% americano. La Francia si attesta al 12,9%, la Gran Bretagna è all' 11%, il Giappone sale al 5,5%, mentre la Russia è scesa al 4,1%. Nella ripartizione dei consumi nazionali, la pasta di semola è la più 'amata' dagli italiani, con una percentuale dell’82% del mercato.
Seguono, in questa particolare classifica, la pasta fresca ripiena (5%), la pasta all’uovo secca (5%), la pasta fresca confezionata (3%), gli gnocchi (3 %), la pasta integrale (1%), la pasta ripiena secca (1%). Sono dati che confermano la pasta primo piatto per le tavole degli italiani. E questo perché, nonostante i vertiginosi aumenti registrati negli ultimi due anni, resta un prodotto alla portata economica di tutte le famiglie. Un chilo di pasta, che viene consumato anche da dieci persone, costa meno di due caffè al bar.
Non solo. La pasta, uno dei 'prodotti principe' della dieta mediterranea, ha molti vantaggi. E’ un alimento estremamente versatile e può essere consumato sia come primo piatto che come piatto unico, a seconda del condimento che riceve. Inoltre, a differenza di quanto molti pensano, non è affatto ipercalorica o grassa" Di conseguenza, non è pericolosa per la linea e per il cuore.
C’è, però, da rilevare che nell’attuale scenario di forte riduzione dei prezzi delle materie prime agricole, vi è una forte asimmetria per quanto riguarda le quotazioni dei prodotti alimentari derivati e, in genere, tra l’andamento dei prezzi all’origine ed al consumo. Il dato più evidente è, ancora una volta, quello del grano duro e delle paste alimentari. La 'forbice' dei prezzi si è continuata ad allargare durante tutto il 2008; anzi, di fronte alla progressiva riduzione dei prezzi del grano duro nella seconda metà dell’anno, i prezzi della pasta sono aumentati, anche se con minore intensità negli ultimi mesi dell’anno. C’è, pertanto, da augurarsi che i listini al consumo, visto il crollo delle quotazioni del grano duro (anche meno 50% rispetto ai primi mesi del 2008), tornino, conclude la Cia, su livelli adeguati, impedendo nuovi aumenti e continuando così a soddisfare le esigenze degli italiani.