L’indicazione d’origine sull’etichettatura dell’olio d’oliva è un elemento fondamentale per tutelare e valorizzare il “made in Italy” dalle contraffazioni e dall’assalto dell’agropirateria. Rappresenta la risposta ferma alle esigenze dei consumatori che chiedono trasparenza e qualità. Per questa ragione bisogna battersi con la massima fermezza a livello comunitario per fare in modo che il provvedimento deciso dal nostro Paese non venga cancellato. E’ quanto sottolinea la Cia - Confederazione italiana agricoltori in merito alla “messa in mora” dell’Italia da parte dell’Ue. In pratica, questa iniziativa comunitaria costituisce la prima tappa di una procedura di infrazione contro la decisione italiana dell'obbligo di indicare l'origine etichetta per l'olio d'oliva. E’ un’iniziativa - avverte la Cia - che bisogna contrastare per valorizzare il lavoro dei produttori che puntano da anni alla qualità. Il provvedimento italiano - afferma la Cia - è importante, in quanto attraverso esso si impedisce di ingannare i consumatori vendendo come italiano un olio ricavato, invece, da miscugli diversi e soprattutto da olive provenienti da altri Paesi, come Grecia, Tunisia e Spagna. Un fenomeno, questo, molto diffuso e che ogni anno provoca al nostro settore olivicolo un danno superiore ai 600 milioni di euro. Nei mercati troviamo olio straniero sempre più in abbondanza. Oggi su 3 bottiglie 2 sono di olio estero, ma i consumatori italiani, senza una precisa informazione, non lo sanno e rischiano, in mancanza di un’etichetta chiara, di comprarle come prodotto nazionale. Non è una misura, come sostiene la Commissione esecutiva, in contrasto con il regime della concorrenza. Senza un’etichetta chiara e trasparente e soprattutto in mancanza dell’indicazione di origine, per l’olio d’oliva “made in Italy”, oltre al danno economico rilevante, significa avere -rimarca la Cia- pesanti ripercussioni anche per l’immagine del nostro prodotto sui mercati mondiali. Il nostro Paese è il secondo produttore europeo di olio di oliva con una produzione che supera le 500.000 tonnellate (ricavate da 250 milioni di piante), due terzi delle quali extravergine e con molte Dop e Igp. Da non dimenticare poi il biologico. Il tutto per un valore produttivo che si avvicina ai 2,2 miliardi di euro.