“Importeremo sempre più mais, e questo nuovo import, anche per l’evoluzione delle produzioni geneticamente modificate nel mondo, sarà sempre più Gm, rendendo sempre meno probabile la possibilità di realizzare filiere basate sulle produzioni convenzionali”. E’ questa la conclusione del presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, sullo scenario descritto dal Rapporto Nomisma “Ogm ed approvvigionamento di mais nel medio periodo: criticità ed opportunità del caso italiano”, presentato in Confagricoltura. In Europa, di fatto, l’unica coltivazione autorizzata è un tipo di mais resistente alla piralide, la cui coltivazione si va peraltro diffondendo in vari Paesi (non in Italia dove permane il divieto generalizzato di coltivazione) e ha raggiunto i 110 mila ettari con un aumento del 60% rispetto ai 68 mila ettari del 2006. “Siamo in una situazione che ha del paradossale – ha detto Vecchioni -. Mentre si possono utilizzare per fini diversi i prodotti Ogm importati, la coltivazione a livello europeo è limitata - anche se l’interesse degli agricoltori è dimostrato dall’aumento degli ettari investiti, nonostante vi sia un’unica varietà autorizzata - e, per l’Italia, impedita del tutto”.  Sullo sfondo di tale sperequazione, Confagricoltura evidenzia la mancanza di un approccio scientifico e non ideologico in materia di Ogm. “Il blocco della sperimentazione è veramente grave – ha sostenuto Vecchioni - l’assenza di ricerca diminuisce la capacità di innovazione delle imprese e ne deprime i risultati produttivi”. Confagricoltura crede che vada ascoltata di più la voce del mondo della scienza e meritino di esserne sostenute le posizioni. Rispettando, sino in fondo, le procedure comunitarie che si basano sul principio di precauzione. “C’è bisogno di un approccio laico ed aperto", ha concluso Vecchioni.