L’aumento che ha caratterizzato le quotazioni del grano non ha riscontro reale con i fortissimi rincari che si sono avuti al dettaglio. Per pane e pasta siamo in presenza di speculazioni e incrementi selvaggi. A sottolinearlo è la Cia - Confederazione italiana agricoltori alla vigilia dello “sciopero della spesa” delle associazioni dei consumatori per giovedì prossimo 13 settembre. Rincari che hanno determinato un crollo dei consumi, visto che le vendite dei prodotti derivati dai cereali sono scesi tra luglio e agosto scorsi del 6,5%. Il prezzo della farina - avverte la Cia - è cresciuto tra il 10 e il 13% a causa di una pesante riduzione della produzione di grano registratasi in Australia e nel Nord America per il cattivo andamento climatico. Questo non giustifica un aumento al consumo del pane che supera addirittura il 50%. Analogo il discorso per la pasta che ha subito aumenti che del 30%. L’Ue cerca di correre ai ripari e per le prossime semine pensa di aumentare le superfici destinate a cereali del 10%. In Italia il prezzo del grano è come quello praticato 20 anni fa, pari a 50 mila lire al quintale, mentre oggi è a 26 euro. I rincari che si stanno registrando sono totalmente ingiustificati. La fase della produzione è quella più finalizzata. L’andamento dei prezzi all’origine degli ultimi anni lo dimostra. Si è andata sempre più allargando la “forbice” tra i listini sui campi e quelli al consumo. Il paradosso è che i nostri agricoltori vedono ridurre il livello dei loro prezzi e i consumatori costretti a pagare di più.