Nell’asse europeo che dalla Slovenia arriva fino in Polonia, secondo il professor Segrè, "si concentra il meglio dell’agricoltura dell’Europa Centrale". Certo, restano diversi problemi ancora da risolvere, che al momento rallentano lo sviluppo agricolo. I cinque nuovi Stati membri, infatti, soffrono di carenze strutturali, come le dimensioni delle imprese agricole, gran parte delle quali piccolissime e a conduzione familiare. Aspetti, questi, che da un lato frenano gli investimenti e l’innovazione tecnologica, dall’altro causano una scarsa integrazione con tutta la filiera agroalimentare.
Il progresso al rallentatore sul fronte tecnologico, inoltre, sono alla base, secondo Segrè, di una bassa produttività del lavoro e di basse rese per unità di superficie. Le coltivazioni, poi, sono ancora orientate su beni di base (grano, orzo e foraggi).
Un altro vincolo è rappresentato dall’assenza di efficienti associazioni di agricoltori e dallo scarso – o nullo – coinvolgimento degli agricoltori nella privatizzazione delle imprese agroalimentari.
Tuttavia, qualcosa si sta muovendo, grazie anche all’integrazione di questi Paesi nella Politica agricola comunitaria (Pac). Già ora si sta registrando una crescita delle dimensioni delle aziende agricole, come conseguenza della diminuzione degli occupati in agricoltura. Migliorano anche i prezzi dei prodotti agricoli, con effetti positivi sulla bilancia commerciale. Fra il 2004 e il 2006, infatti, gli scambi di beni agroalimentari hanno avuto un rimbalzo medio annuale del 28,6 per cento. E nei prossimi anni si prevedono ulteriori passi in avanti.
Quali sfide per il futuro? Come indirizzare lo sviluppo dell’agricoltura di Slovenia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia?
Segrè indica alcune priorità. Innanzitutto, la produttività del lavoro, continuando a diminuire il numero degli addetti e contemporaneamente investendo nel miglioramento tecnologico. Operazioni, queste, che porteranno ad un "innalzamento dei redditi medi".
Bisognerà proseguire anche sul consolidamento delle grandi imprese coltivatrici e sul potenziamento delle piccole e medie imprese familiari, facendo leva anche sui meccanismi di politica agraria. Senza dimenticare l’aspetto sindacale. I nuovi imprenditori agricoli dovranno poter contare anche su associazioni di categoria efficienti e strutturate in modo moderno, sia sotto il profilo organizzativo che gestionale.
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Fonte: VeronaFiere