L’agricoltura italiana non è la causa dei rincari dei prodotti alimentari. I prezzi agricoli all’origine in un anno (giugno 2006-giugno 2007) sono diminuiti in media del 2,4 per cento, con cali record per frutta (meno 15,3 per cento), ortaggi (meno 11,6 per cento), suini (meno 11,8 per cento) e bovini (meno 8,5 per cento). E' quanto segnala la Cia-Confederazione italiana agricoltori, che avverte come "gli aumenti al consumo siano determinati da altri fattori: le filiere agroalimentari troppo lunghe, la logistica infrastrutturale, i trasporti insufficienti e costosi, gli incrementi tariffari, la crescita delle importazioni delle derrate alimentari e, non ultime, le speculazioni".
"I prezzi dei prodotti agricoli -denuncia la Cia- si gonfiano in maniera abnorme dal campo alla tavola, specialmente nel settore dell’ortofrutta, dove si registrano aumenti anche di venti volte. In media su un prodotto ortofrutticolo l’incidenza della fase produttiva, cioè il prezzo praticato dal produttore, è tra il 18 e il 20 per cento".
Discorso valido anche per il prodotto trasformato. Ad esempio, un litro di latte alla stalla costa 0,34 euro, mentre al consumo arriva ad 1,40 euro. Il che significa che la parte agricola, dove i costi continuano a crescere in maniera evidente, incide poco più del 20 per cento sul prezzo finale. Ancora più appariscenti i casi della pasta e del pane, su cui prezzi finali la percentuale agricola è, rispettivamente, del 10 per cento e del 13 per cento.
La Cia rinnova l’invito ad aprire un Tavolo di confronto tra il governo e tutti soggetti della filiera (organizzazioni agricole, cooperative, industriali, grande distribuzione organizzata, dettaglianti) in modo da analizzare attentamente la situazione e individuare le strade più opportune per scongiurare aumenti dei prezzi che avrebbero conseguenze pesanti per l’inflazione e, di conseguenza, per i consumatori e di riflesso per gli agricoltori italiani, visto il probabile calo degli acquisti.