In base alle analisi Svimez, svolte mediante il modello econometrico Svimez N-Mods che permette di valutare gli effetti sul territorio della produzione considerando l'intera filiera (a monte e a valle), per ogni euro di prodotto fatturato dalle aziende aderenti al Consorzio di tutela, se ne creano poco più di due nel sistema economico locale. Le unità di lavoro impiegate complessivamente nella filiera sono 11.200: in percentuale rispetto all'occupazione totale delle province di Caserta e Salerno è l'1,5%. L'incidenza della filiera bufalina sul Pil totale delle due province è pari all'1,4%.Questi i principali dati emersi da uno studio dello Svimez sull'impatto economico della filiera bufalina, per conto del Consorzio di tutela della Mozzarella di bufala campana Dop.
In Italia 400.792 capi bufalini
A fine 2017, in Italia - secondo l'Istat - si contavano 400.792 capi bufalini: quasi i tre quarti dei capi bufalini sono allevati in Campania, circa il 18% nel Lazio e un ulteriore 2,6% nella Puglia. Campania e Lazio, dunque, insieme coprono circa il 93% dei capi bufalini presenti in Italia.Nel 2017 nel nostro paese la produzione di latte di bufala ha superato i due milioni di quintali. La quota percentuale della Campania è di poco inferiore all'85%, mentre il Lazio è attestato al 12,2%.
I dati disaggregati a livello regionale indicano che in Campania, sempre nel 2017, sono stati prodotti 962mila quintali di formaggi (che rappresentano il 7,6% della produzione nazionale), di cui ben 871mila quintali sono a "freschi a pasta filata" (pari al 16,3% del dato nazionale), mentre nel Lazio sono stati raggiunti livelli produttivi pari, rispettivamente, a 301 e 254 mila quintali. I formaggi "freschi" in Campania rappresentano oltre il 90% del totale dei formaggi prodotti nella regione, e nel Lazio circa l'85%, valori che si raffrontano con una media nazionale pari al 42,4%.
La composizione della filiera bufalina Dop
La filiera della Mozzarella di bufala campana Dop è costituita da 1.267 allevatori, cui fanno capo 1.274 allevamenti, per un totale di circa 270mila capi bufalini. Considerando i soli capi con la certificazione Dop, oltre 210mila, pari al 78,4% del totale, sono allevati in Campania, in massima parte concentrati nelle province di Caserta, con quasi 139mila capi, e Salerno, con oltre 67mila. Nel Lazio sono invece allevati circa 52mila capi, pari al 19% del totale, quasi tutti dislocati nelle province di Latina (oltre 34mila capi) e Frosinone (circa 17mila). Complessivamente, quindi, le quattro province di Caserta, Salerno, Latina e Frosinone rappresentano oltre il 95% dei capi bufalini che fanno parte della filiera della "mozzarella di bufala campana Dop".In base ai dati del Consorzio tutela, in 25 anni, la produzione di Mozzarella di bufala campana Dop è più che quadruplicata, passando da 115mila a 494mila tonnellate, con una crescita media annua del 6%. La produzione è fortemente concentrata nelle province di Caserta (circa il 63% nel 2018) e Salerno (circa il 30%), con quantità residuali prodotte nel Basso Lazio (5%) e nelle province di Napoli e Foggia (circa l'1% ciascuna). "Va tenuto presente - mette in risalto la Svimez - che i benefici economici riflessi nel territorio circostante non si limitano alle sole imprese attive nella produzione della mozzarella di bufala, ma riguardano, con intensità differente, l'intera filiera, per la maggior parte localizzata in prossimità delle imprese aderenti al Consorzio".
L'analisi dei bilanci di un campione significativo delle aziende casearie
La Svimez ha analizzato i bilanci di un campione altamente significativo delle imprese appartenenti al Consorzio di tutela (62 su 94). Emergono una serie di dati sorprendenti: innanzitutto, il livello medio del margine d'impresa, calcolato rapportando il risultato prima delle imposte al volume del fatturato, risulta pari al 6,3%, che sale al 6,8% al lordo della gestione finanziaria. Valori più che soddisfacenti se paragonati con quelli relativi al sistema produttivo meridionale. Il paragone regge anche in confronto con le unità produttive che sono divenute il benchmark per definizione del sistema produttivo nazionale, le Medie imprese industriali, le quali, nel 2016, presentavano nel Sud un valore del margine d'impresa pari al 4,9%, che scende al 3,4% nel settore alimentare.Complessivamente, nel 2017 il risultato prima delle imposte delle 62 imprese iscritte al Consorzio di tutela è stato pari a 36,6 milioni di euro, pari a circa 590mila euro per impresa. Inoltre, nel 2017, il fatturato medio del campione è stato di 9,3 milioni di euro per impresa: un dato nettamente superiore a quello del sistema produttivo nazionale, pari a 654mila euro, e ancor più rispetto al fatturato medio dell'apparato produttivo meridionale, che supera di poco i 390mila euro. Per il totale delle imprese del Consorzio, il 93,2% del fatturato serve a coprire i costi di produzione.