Da parte sua il presidente dell’Associazione italiana allevatori, Pietro Salcuni, ha ricordato che “l’Aia ha come suo compito quello di fornire gli strumenti tecnici per aumentare la competitività delle nostre stalle, una missione che portiamo avanti da più di 70 anni. Grazie a questo sforzo collettivo oggi la selezione da latte italiana è ai vertici mondiali, con una specializzazione per la trasformazione casearia che è il vero elemento caratterizzante del miglioramento genetico made in Italy “. Il supporto tecnico dell’Aia si è dimostrato una carta vincente per tutti gli allevamenti che aderiscono ai controlli funzionali e usufruiscono dei servizi forniti dall’Associazione sul territorio nazionale, ma l’azione del Sistema allevatori guarda avanti con nuove sfide: “il futuro del latte si giocherà sulla competitività - continua Salcuni - e noi siamo pronti per sostenere gli allevamenti italiani con la genomica, un nuovo approccio alla selezione che ci permette di ‘leggere’ dentro al Dna dei futuri riproduttori e comprendere da subito se questi soggetti hanno le caratteristiche vincenti per diventare i grandi tori di domani. La genomica ci sta consentendo non solo di aumentare il progresso genetico in minor tempo, ma di avere in stalla animali sempre più sani, resistenti alle malattie ed efficienti sotto il profilo alimentare”.
Un lavoro frutto anche della collaborazione di Aia con Università e centri di ricerca per una zootecnia sempre più sostenibile sotto il profilo economico, ambientale ed etico, anche per recuperare il deficit che vede il Belpaese rimanere ancora dipendente dal prodotto estero, come accade per le carni bovine: “nel settore carne – ha concluso il presidente di Aia - stiamo puntando molto sulla linea vacca-vitello, vale a dire quel sistema produttivo in grado di valorizzare i terreni marginali e di montagna di cui l’Italia è ricca, offrendo agli allevatori che operano in queste zone un’attività zootecnica che preserva l’ambiente, combatte il dissesto idrogeologico e fornisce alla filiera carne un vitello da ingrasso 100% di origine italiana, di cui il nostro mercato ha un forte bisogno”.
Latte
Per entrare in alcuni dettagli dei due “Rapporti”, a proposito del sistema latte in Italia Rama ha tra l’altro ripercorso i fenomeni legati alla formazione della “catena del valore” nel settore lattiero-caseario: dopo un inizio piuttosto vivace sull’onda delle dinamiche internazionali, il 2013 è stato un anno complessivamente "difficile" per il lattiero-caseario nazionale. Da un lato le aziende di allevamento hanno ricevuto una boccata d’ossigeno, grazie a livelli di remunerazione alla stalla spinti al rialzo da una domanda mondiale eccedentaria rispetto ad un’offerta minata da avversità climatiche ed elevati prezzi dei mangimi; dall’altro lato la filiera nel complesso ha continuato ad accusare il rimbalzo negativo della crisi economica che ha profondamente mutato le abitudini di consumo degli italiani, imponendo una sempre maggiore attenzione alla variabile prezzo e allo spreco alimentare e ha, di fatto, inibito la capacità produttiva e la propensione agli investimenti delle imprese di trasformazione.
L’unica nota positiva ha continuato ad essere rappresentata dall’export: nel 2013 il made in Italy caseario venduto all’estero ha superato i 2,2 miliardi di euro e il saldo della bilancia commerciale per formaggi e latticini è risultato attivo – per il quinto anno consecutivo – per un valore di oltre 245 milioni di euro. Ad eccezione degli Stati Uniti, i formaggi italiani hanno messo a segno una performance molto positiva su tutti i mercati di sbocco tradizionali (Francia, Germania e Regno Unito) e su alcuni mercati in accelerazione dell’Est Europa (Russia in primis, ma anche Slovenia e Polonia) e, nonostante i volumi esportati rappresentino quote ancora poco rilevanti, tassi di crescita molto interessanti sono stati realizzati anche in alcuni mercati emergenti (Cina, Corea ed Emirati Arabi). Al fine di ricostruire un quadro d’insieme dei rapporti economici del sistema lattiero-caseario nazionale risulta, quindi, di estrema rilevanza il tentativo di stimare il flusso del valore del latte lungo la filiera.
Carne bovina
A proposito della formazione della catena del valore nel sistema della carne bovina in Italia, nel 2013 il valore della produzione ai prezzi di base degli allevamenti bovini da carne ha sfiorato i 3,4 miliardi di euro, evidenziando una contrazione del 5,8% rispetto all’anno precedente ponendosi – in termini di prezzi correnti – al valore raggiunto nel 1994-95 (a prezzi concatenati, il valore del 2013 è risultato inferiore del 4,5%). Il valore della produzione ai prezzi dell’anno precedente è aumentato del 2,4%, mettendo in luce una progressione dei volumi prodotti assai più contenuta rispetto all’insieme dell’agricoltura (+3,6%) e dei prodotti zootecnici (+5,7%) e, soprattutto, rispetto alle carni suine (+10,9%) e avicole (+3,7%). Il contributo al valore dell’intera produzione agricola ha evidenziato un sensibile arretramento su base annua, attestandosi al 6,5%; nello stesso tempo, l’incidenza del comparto sull’offerta degli allevamenti e sulla sola zootecnia da carne è risultata pari, rispettivamente, al 19,2% (-1,4%) e al 31,4% (-2,1%). Nel periodo recente, il settore del bovino da carne ha assistito ad un graduale – quanto costante – declino in seno al sistema zootecnico e, più in generale, all’intera agricoltura. Negli ultimi dieci anni, infatti, il peso del valore agricolo del settore si è ridotto del 6,3% rispetto al totale della produzione di carne, del 4,5% nei confronti del complesso della zootecnia, dello 0,6% verso l’intera agricoltura. Sebbene nel periodo recente sia chiaramente visibile un processo di forte concentrazione – generato dai mutamenti del mercato e non governato dal sistema –, la filiera produttiva risulta molto articolata, sia sotto il profilo strutturale, sia sotto quello organizzativo, rendendo assai utile una schematizzazione di sintesi dei principali flussi. Questo risulta essere la conseguenza della numerosità degli operatori presenti, data la considerevole frammentazione nelle fasi agricola e industriale, dell’esistenza di notevoli flussi di importazione di animali e carni e della complessità dei canali commerciali in alcune aree.
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