Con i consumi interni in affanno, sarà l’export a salvare il lattiero caseario italiano? Data per certa una risposta affermativa, rimane da capire in quale direzione bisognerà puntare.
I conflitti interni all’Ucraina, che hanno riportato anche nel terzo millennio la pesante cappa della guerra fredda, con gli Stati Uniti e soprattutto l’Unione europea contrapposta alla Federazione Russa, che ripercussioni avranno sulle esportazioni comunitarie in Russia, tenuto conto che si tratta del primo mercato di sbocco per i 28 Stati membri, con 787.440 tonnellate di formaggi esportati nel 2013, pari al 33% sul totale esportato (+17% sul 2011)?

Domande che intrecciano geopolitica ed economia, come abitualmente capita dopo aver visitato il portale di Clal, vetrina mondiale sul comparto lattiero caseario e dal quale sono tratti i dati pubblicati nell’articolo.
Anche da queste risposte potrebbe dipendere l’evoluzione delle esportazioni dall’Europa. E, restringendo il campo, dell’export dall’Italia, i cui principali formaggi Dop sono molto apprezzati all’estero per le caratteristiche di Italian Quality.

Mercati mondiali
A livello mondiale, i principali Paesi esportatori di formaggio, alle spalle dell’Ue-28, come abbiamo visto, sono gli Stati Uniti con 318.492 tonnellate inviate oltre i propri confini, principalmente (26%) verso il Messico (+40% sul 2011); la Nuova Zelanda e l’Australia, che esportano rispettivamente 277.002 e 163.684 tonnellate e che hanno come principale sbocco (per il 23% e il 54%) il Giappone.
Nella top ten si colloca anche la Bielorussia (tonnellate esportate, per il 97% assorbite dalla Russia), l’Egitto (70.231 tonnellate esportate, primo mercato l’Arabia Saudita col 24%), la Svizzera (export di formaggi a quota 62.883 tonnellate, primo Paese destinatario la Germania col 45%), l’Ucraina (55.241 tonnellate esportate, primo mercato la Russia con l’84%), l’Argentina (51.175 tonnellate esportate, primo mercato il Brasile col 36%) e l’Uruguay (44.617 tonnellate esportate, primo mercato il Venezuela col 58 per cento).
Incrociando queste cifre con i primi dieci Paesi importatori, potrebbe delinearsi una geografia dei potenziali mercati per i formaggi italiani, molto più caratterizzati sul piano della qualità rispetto ad altre tipologie del resto dell’Europa.



 
Chi sono, dunque, i Paesi “top import”? Le elaborazioni Clal su dati Gtis per il 2013 indicano questo ordine: Russia, con 268.176 tonnellate di formaggio (+22,78% sul 2011, volumi ai quali devono essere sommate anche altre quantità di formaggi, difficili da individuare per questioni di codici doganali: oltre 125.000 tonnellate dalla Bielorussia e altre 55.000 da altri Paesi terzi), Giappone (228.259 tonnellate importate, +2,09% sul 2011), Stati Uniti (124.630 tonnellate, +5,65% sul 2011), Messico (92.604 tons, +61,89% sul 2011), Corea del Sud (87.305 tons, +15,92% sul 2011). Seguono Australia, Svizzera, Arabia Saudita, Cina (50.066 tons + 69,55), Canada, Germania, Egitto, Algeria, Cile e Filippine.

Opportunità per l'export italiano
È con ogni probabilità su questi Paesi che i produttori italiani di formaggio dovranno concentrare i propri sforzi, magari congiuntamente, supportati dai Consorzi di tutela, e aumentare la propria quota di mercato. Se la Russia, con la contrapposizione che si sta inevitabilmente creando per le note vicende in Crimea e Ucraina, potrebbe rivelarsi un mercato difficile, forse è il caso di guardare ad altre realtà: Giappone, Messico, Arabia Saudita, Corea del Sud, preso atto che gli Stati Uniti, con il loro sistema di quote, sono una montagna difficile da scalare.


Cina. Importazioni di formaggio

Le quote latte
E rimanendo in regimi contingentati, il dibattito sulle quote latte non si è del tutto sopito. A livello politico, sul settore lattiero caseario la discussione – come ha riportato il presidente del Consiglio dei ministri agricoli e della pesca, il greco Athanasios Tsaftaris - si è concentrata sui possibili nuovi strumenti da introdurre, soprattutto per le piccole aziende e per le zone svantaggiate, dopo la fine del regime delle quote latte.

Il commissario all’Agricoltura, Dacian Ciolos, ha informato che il dialogo proseguirà nel Comitato speciale Agricoltura e ha annunciato che l’Esecutivo preparerà una relazione che sarà presentata a fine giugno al Consiglio e al Parlamento, per valutare l’opportunità di presentare una nuova proposta.
Quanto al super prelievo, dice Ciolos, “alcuni Stati hanno proposto di non penalizzare chi aumenta la produzione, ma consentire ciò significherebbe anticipare di un anno l’abolizione delle quote latte”.
Una buona opportunità per l’Ue-28 e anche per l’Italia si conferma la Cina, che nel mese di gennaio ha segnato un record in termini di importazioni di polvere di latte intero: oltre 124mila tonnellate. A queste, devono sommarsi 34mila tonnellate di polvere di latte scremato, sempre a gennaio, con quote in aumento dalla Germania e dalla Danimarca.

Quando inizierà anche l’Italia ad esportare polvere in Cina?