Ormai sono passati tre anni e quasi non se ne rammentava più nessuno. Ma a Bruxelles hanno buona memoria e così, dopo averci contestato già nel 2010 la decisione di rinviare di sei mesi il pagamento delle multe latte, ora ci presentano il conto. Che a dire il vero non dovrebbe essere salato, ma di questi tempi è bene stare attenti anche ai “centesimi”. Quali le colpe dell'Italia questa volta? Per spiegarlo occorre risalire al 2009 quando si diede agli allevatori una seconda possibilità (la prima era arrivata nel 2003, con la legge 119) di rateizzare le multe, pagando però gli interessi. Il pagamento della prima rata sarebbe dovuto avvenire nel giugno del 2010, ma grazie ad una proroga questa scadenza venne rimandata al dicembre dello stesso anno. Nel febbraio del 2011 (dunque oltre la scadenza della proroga) venne concessa dal decreto “Milleprorgohe” un'ulteriore dilazione al 30 giugno del 2011, dilazione che questa volta coinvolgeva sia gli allevatori che avevano aderito alla rateizzazione del 2003 (che non prevede interessi), sia gli allevatori (peraltro pochi) della seconda rateizzazione, quella decisa nel 2009 con la legge 33. Complicato? Come sempre quando si parla di quote latte la matassa è intricata. Per sbrogliarla non resta che andarsi a rileggere quanto pubblicato da “Agronotizie” all'indomani di queste decisioni.

Le contestazioni di Bruxelles
Sin dal primo rinvio il Commissario Dacian Ciolos recapitò al ministro dell'Agricoltura (era in quel periodo Zaia, poi sostituito da Galan, poi sostituito da Romano...) una richiesta di chiarimenti, primo passo per una successiva procedura di infrazione. Procedura che ora è arrivata a conclusione con la decisione della Commissione di dichiarare questi rinvii assimilabili ad aiuti di Stato e come tali incompatibili con le norme comunitarie. “I produttori che si sono avvalsi di questa proroga - afferma un documento diffuso dalla Commissione - hanno beneficiato di un aiuto equivalente a un prestito senza interessi che nessuna norma in materia di concorrenza permette di giustificare. Per di più la proroga di pagamento, oltre a comportare una violazione della decisione del Consiglio, poiché non è più rispettata l'uniformità delle rate, istituisce, per i beneficiari, un sistema di rateizzazione dei pagamenti che non è più disciplinato dalla decisione del Consiglio e che non è peraltro giustificabile da alcuna norma in materia di concorrenza.

Il conto
Ora che succede? La Commissione chiede all'Italia di recuperare gli aiuti incompatibili, ovvero gli interessi sulle rate pagate oltre la scadenza. Nel calcolo si potrà tener conto degli “aiuti de minimis”, quella cifra (7500 euro per azienda e per triennio) che un singolo Stato ha disponibilità di destinare alle proprie imprese senza infrangere i vincoli imposti dalla Ue a tutela dell'equilibrio della concorrenza fra i Paesi membri. Difficile al momento fare conti precisi. Ma il “salasso” dovrebbe limitarsi a pochi “spiccioli”, sempre che tali si possano considerare alcune centinaia di migliaia di euro. Chi si è cimentato in questi conteggi sin dalla prima ora parlava di circa 200mila euro. Se il danno sarà limitato lo si deve agli allevatori che per la maggior parte hanno rispettato le scadenze “naturali”, aiutati in questo dal ritardo della politica che decise l'ultimo rinvio fuori tempo massimo.  Meglio così.