La Confederazione ricorda che anche grazie al lavoro svolto da Assica in questi anni l’Aphis (l’ufficio del dipartimento dell’Agricoltura Usa con poteri di controllo e di tutela in materia di allevamenti) ha riconosciuto a pieno titolo l’indennità sanitaria di Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Trento e Bolzano dalla malattia vescicolare del suino e ha quindi liberalizzato la commercializzazione dei salumi a breve stagionatura, eliminando le cosiddette “barriere non tariffarie” all’entrata di questi prodotti nel Paese a stelle e strisce.
"Così da oggi -sottolinea la Cia- salami e coppe si andranno ad aggiungere agli altri salumi nazionali che già sono ben radicati oltreoceano: l’export di prosciutti crudi, cotti, speck e mortadelle “made in Italy” negli Stati Uniti, infatti, “vale” oltre 68 milioni di euro l’anno a quota 5.890 tonnellate. Ora l’ampliamento della gamma dei salumi esportati in Usa, con il via libera ai prodotti a bassa stagionatura, avrà nuove importanti ricadute economiche: già nel 2014, secondo elaborazioni Assica, il fatturato legato alle vendite dei nostri salumi sul mercato americano potrebbe crescere fino a sfiorare gli 80 milioni di euro. Con un aumento percentuale superiore al 17%".
La Cia sottolinea che lo stop al blocco è strategico per la filiera zootecnica italiana, soprattutto in un momento di forte sofferenza per le 26.197 aziende suinicole italiane, che stanno scontando un forte calo della domanda interna (-5 per i consumi di carne di maiale). Non solo. La liberalizzazione dell’export dei salumi a bassa stagionatura è rilevante anche dal punto di vista della lotta alle frodi e all’italian sounding, visto che negli Stati Uniti il 70% dei prodotti alimentari italiani è imitato.
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