Per gli allevamenti sembrano profilarsi tempi difficili. Non che quelli appena trascorsi siano stati tutti rose e fiori, ma i prossimi mesi potrebbero rivelarsi più duri del solito per i già magri bilanci delle stalle. Tutta colpa dei prezzi degli alimenti per il bestiame che continuano a salire, mentre per la carne non ci sono all'orizzonte segnali di ripresa. Per non parlare di cosa succederà con la riforma della Pac e con i tagli che penalizzeranno soprattutto la zootecnia. Ma fermiamoci, per il momento, all'andamento dei mercati. Iniziamo dal mais, che in questi ultimi due mesi ha visto il prezzo del prodotto nazionale schizzare oltre le soglie dello scorso anno. A fine agosto la quotazione è arrivata la massimo di 279 euro per tonnellata. Appena due mesi fa si era fermi a 202 euro. Analoga sorte per l'orzo, in giugno al mercato di Milano era quotato 230 euro a tonnellata, mentre a fine agosto si è arrivati a quota 273 euro.
Non va meglio sui mercati internazionali, anzi. Prendiamo la soia, che viene importata in Italia per almeno l'80% del nostro fabbisogno. A Chicago ha raggiunto in agosto la quotazione di 464 euro a tonnellata, mentre a gennaio i prezzi erano fermi a 347 euro.
Costi in aumento
L'associazione dei suinicoltori italiani, Anas, ha calcolato che il costo della razione standard di un suino è cresciuta nel primo semestre di quest'anno del 4,5% %, con un costo che è mediamente calcolato in 23,26 euro per quintale di alimenti. Non va meglio per i polli. E' significativo quanto accade in Brasile, dove i tre più grandi produttori hanno dichiarato di essere costretti a ridurre la produzione non potendo ribaltare i maggiori costi sul prodotto finale. Una situazione analoga sta avvenendo in Germania.
Per i produttori di carne bovina si affaccia poi la preoccupazione che a Strasburgo, il prossimo 10 settembre, il Parlamento europeo in seduta plenaria si lasci sedurre dalla proposta di regolamento che prevede la soppressione dell'etichettatura facoltativa delle carni bovine. Un'eventualità che ridarebbe fiato all'industria dell'anonimato delle carni, e contro la quale si è schierato il presidente di Italia Zootecnica, Fabiano Barbisan, che ha invitato i parlamentari europei a votare per il mantenimento dell'etichettatura.
Gli alti e bassi del latte
Solo il latte sembra salvarsi dalle traversie che affliggono il mondo della carne. I prezzi dei prodotti di riferimento per questo settore, come il latte in polvere, il burro, il cheddar (formaggio a pasta dura diffuso negli Usa e in Australia), sono sostenuti e la domanda si mantiene su buoni livelli. E i prezzi del latte, a livello internazionale, sono in crescita. Le quotazioni del latte spot rilevate sulla piazza di Lodi hanno superato i 40 euro al quintale, 8 euro in più rispetto a tre mesi fa. E cresce anche il prezzo del latte negli Usa, che da 30,32 euro al quintale si è portato a 31,65 euro, come riporta Clal nelle sue pagine di approfondimento. Stessa cosa e con livelli anche più alti si registra sul mercato della Nuova Zelanda, altro grande produttore mondiale di latte.
Con queste premesse la prossima trattativa sul prezzo del latte alla stalla in Lombardia, di fatto un punto di riferimento per tutta la produzione italiana, si potrebbe chiudere con un aumento rispetto ai 38 centesimi di euro al litro fissati dall'attuale accordo, in scadenza a fine settembre. Sempre che la spinta sulla produzione del latte non finisca per ribaltare le carte in tavola. Già in Danimarca l'eccesso di produzione ha fatto crollare il prezzo del latte a 0,31 euro al litro. In Italia le consegne di latte sono aumentate nei primi sei mesi dell'anno del 2,5%. In Francia l'aumento è del 7,3% e in Olanda del 12,1%. Aumenti (oltre il 3%) si registrano anche per il latte prodotto negli Usa. Più latte può tradursi in una flessione dei prezzi. Ma per fine anno gli esperti prevedono un'inversione di tendenza, con una riduzione della produzione. E con un conseguente aumento dei prezzi. Due scenari opposti che renderanno complicato il rinnovo degli accordi in Italia per il prezzo del latte alla stalla. Al momento l'unico dato certo è l'aumento dei costi di produzione che gli allevatori devono sopportare per le tensioni sui mercati degli alimenti per il bestiame.